Alleviare il dolore cronico tramite la dieta: è possibile?

 img og paywall

Approfondisci la possibilità di alleviare il dolore cronico tramite la dieta con questo articolo che analizza l'impatto positivo che i modelli di alimentazioni virtuosi possono avere sul dolore cronico, nonchè su comorbidità ad esso associate come obesità, diabete mellito di tipo 2, malattie cardiovascolari e depressione.

Accedi ora e leggi gratuitamente l'articolo "Alleviare il dolore cronico tramite la dieta: è possibile?"              


IT-NON-2025-00636

Transizione dal dolore post-chirurgico acuto a quello cronico: riconoscere i fattori di rischio

Il dolore cronico post-chirurgico (chronic post-surgical pain - CPSP) è una manifestazione dolorosa che tipicamente inizia come dolore acuto postoperatorio difficile da controllare. La prevalenza del CPSP è approssimativamente del 10% indipendentemente dal tipo di intervento chirurgico effettuato.1 Tra i pazienti con CPSP la prevalenza di dolore neuropatico post-chirurgico (PSNP) varia ampiamente in base alla tipologia di chirurgia eseguita, da meno del 5% fino al 70%, e dipende dalla probabilità di danno ai nervi durante la chirurgia (contusione, transezione, infiammazione, o stiramento del nervo).2 Globalmente, più di 320 milioni di persone si sottopongono a chirurgia ogni anno. L’enorme quantità di interventi chirurgici rende il numero di pazienti con CPSP socialmente rilevante.1

page img Transizione dal dolore post chirurgicoPredittori del CPSP

Fattori di rischio per CPSP

Data la rilevanza clinica del CPSP è importante la possibilità di predire chi è a rischio di sviluppare questa manifestazione dolorosa, specialmente se i fattori di rischio associati sono modificabili.1 Nonostante il progresso nella comprensione dei meccanismi alla base della transizione da dolore acuto a dolore cronico, ad oggi, la ricerca identifica, come modificabili, principalmente fattori di rischio clinici.1

 

 

 

 

 

 

 

Per facilitare la ricerca in tale ambito con l’iniziativa denominata IMMPACT (Initiative on Methods, Measurement, and Pain Assessment in Clinical Trials) è stato proposto un approccio standardizzato in grado di evidenziare 5 domini considerati i principali di fattori di rischio:1

1. Demografici e associati a stile di vita:

  • Età;
  • Genere;
  • Stato civile e condizioni di vita;
  • Livello di istruzione;
  • Stato occupazionale;
  • Condizione salariale;
  • Obesità;
  • Fumo;

2. Genetici:

  • Mutazioni genetiche associate ad un possibile incremento dello stato di dolore (geni: COMT, OPRM1, GCH1) *;

3. Clinici:

  • Fattori chirurgici, come tecniche chirurgiche usate (chirurgia a cielo aperto vs laparoscopia), durata della chirurgia, tipo di anestesia (generale vs regionale), e gestione perioperatoria;
  • Regime analgesico (sistemico vs spinale e preemptive); complicanze chirurgiche e necessità di dover rioperare;
  • Comorbidità mediche;
  • Precedente stato di disabilità o di interferenza dolorosa;

4. Dolore: 

  • Dolore preoperatorio
    - area dell'operazione;
    - altre aree
  • Dolore postoperatorio (intensità e durata);

5. Psicologici: 

  • Paura o ansia;
  • Depressione;
  • Catastrofizzazione del dolore;
  • Altre problematiche legate alla sfera psicologica (fattori di vulnerabilità).

Ognuno di questi fattori di per non rappresenta un concreto rischio di sviluppare CPSP. Tuttavia, lo diventano con tanta maggiore frequenza quanto maggiore è la loro contemporanea presenza.1

Esistono strumenti predittivi?

Dal momento che i fattori di rischio per lo sviluppo di CPSP sono molteplici e, tra l’altro, non indipendenti tra loro, si è cercato di identificare degli strumenti predittivi allo scopo di aiutare il clinico a prevedere e quantificare il livello di rischio di comparsa di CPSP.1 La maggior parte di tali strumenti sono specifici per i vari tipi di chirurgia, ma esiste un tool generico che ha evidenziato 14 elementi biomedici e psicosociali (fattori di rischio) derivati da una revisione sitematica della letteratura utili nella definizione dei fattori di rischio per CPSP.1 In un campione di 150 pazienti, dei quali quasi la metà ha sviluppato CPSP, cinque dei 14 elementi si sono dimostrati predittori indipendenti dello sviluppo del CPSP.1

Elementi predittivi valutabili nella fase preoperatoria1
  • Dolore nella zona sottoposta a chirurgia;1
  • Dolore cronico in comorbidità in altre zone del corpo del paziente;1
  • "Capacity overload";1
  • Stress in comorbidità;1
 Elementi predittivi valutabili nella fase postoperatoria1
  • Dolore postoperatorio da moderato a grave che persiste al giorno 5 dopo l’intervento chirurgico1

 

Pazienti con presenza di 3 o più di questi fattori sono più esposti alla possibilità di sviluppare CPSP rispetto ai pazienti con 0-2 di questi fattori (sensibilità 74%, specificità di 65%).1

Come prevenire CPSP

Nell’ottica di prevenire lo sviluppo di CPSP, alla luce dei recenti studi e della recente individuazione dei vari fattori di rischio associati, si sono identificate alcune aree di possibile intervento (va ancora ricordato che esistono anche aree che benché identificate, non sono al momento modificabili fattori di rischio demografici, genetici e sensibilità al dolore):1

  • intervento sui fattori di rischio per CPSP: indice di massa corporea, dolore preoperatorio, varie comorbidità
  • tecniche anestetiche possono avere un ruolo nella prevenzione, in particolare evitando l’esposizione ad alte dosi di oppioidi
  • Interessante riportare come, benché i fattori genetici non siano modificabili, tuttavia due grandi studi clinici randomizzati (ENIGMA e ENIGMA-II) abbiano evidenziato un possibile contributo genetico sugli effetti a lungo termine dell'ossido nitrico nel contesto della prevenzione del CPSP;
  • Un approccio più pragmatico alla prevenzione del CPSP è stato avanzato con la proposta di istituire unità di transitional pain, pensate per superare l’assenza di continuità delle cure tra la gestione del dolore acuto postoperatorio a livello dei vari reparti e la gestione del dolore cronico a livello ambulatoriale. Un tale servizio di assistenza così completo ed integrato potrebbe permettere l’identificazione dei pazienti a rischio per lo sviluppo di CPSP attraverso lo screening ospedaliero sulla base di indicatori prognostici prestabiliti.

*COMT=catechol-o-methyltransferase; OPRM1=opioid receptor mu 1; GCH1=guanosine-5’-triphosphate cyclohydrolase 1.

 cta scarica

Bibliografia

    1. Glare P, Aubrey KR, Myles PS. Transition from acute to chronic pain after surgery. Lancet. 2019 Apr 13;393(10180):1537-1546.

    2. Casale R. Capsaicin 179-mg cutaneous patch in the treatment of post-surgical neuropathic pain: a scoping review of current evidence and place in therapy. Expert Rev Neurother. 2021 Oct;21(10):1147-1158.

 

IT-NON-2025-00471

Relazione bidirezionale tra funzioni cognitive e dolore

Il dolore è un fenomeno complesso che può essere considerato come multisensoriale e multidimensionale e che influenza in maniera significativa lo stato fisiologico e psicologico del paziente. 

Il dolore è generalmente definito come un’esperienza sensoriale o emotiva spiacevole associata a danni effettivi o potenziali a carico dei tessuti. Pertanto, il dolore non è un fenomeno puramente sensoriale, al contrario coinvolge l’elaborazione cognitiva. Le funzioni cognitive, che includono l’attenzione, la percezione, la memoria, le abilità verbali e linguistiche e che permettono l’acquisizione, l’elaborazione, la memorizzazione e il recupero delle informazioni da parte del cervello, rappresentano una componente vitale della percezione soggettiva del dolore. Diverse aree cerebrali corticali e sottocorticali sono coinvolte nella percezione, nell'elaborazione e nella modulazione del dolore. Un corpo crescente di evidenze scientifiche suggerisce una stretta associazione tra i sistemi neurali responsabili della cognizione e del dolore, sottolineando una possibile modulazione bidirezionale. Valutare la relazione tra funzioni cognitive e dolore, quindi, è cruciale per comprendere al meglio la condizione di dolore, le sue possibili associazioni con le comorbidità e il suo impatto psicosociale. Questo approccio mira a migliorare, in ultima analisi, gli obiettivi terapeutici e gli esiti clinici per il paziente.

 

page img relazione bidirezionaleEsiste quindi una relazione bidirezionale tra le funzioni cognitive e il dolore, gli studi che hanno analizzato questa associazione si sono incentrati su fibromialgia, emicrania, mal di schiena, artrite reumatoide, neuropatia diabetica, osteoartrite, sindrome da dolore regionale complesso (CRPS), dolore neuropatico periferico, dolore associato a sclerosi multipla. Inoltre, i principali parametri cognitivi indagati negli studi che hanno approfondito questa relazione bidirezionale includono l’attenzione, l’apprendimento, la memoria, la concentrazione prolungata, la velocità di elaborazione, le abilità psicomotorie e la funzione esecutiva.


Attenzione
L'attenzione è la capacità elaborare e organizzare le informazioni. Un sistema di neuroni interconnessi è responsabile del controllo dell'attenzione, viene definito “matrice dell'attenzione” (attention matrix)

Esiste una sovrapposizione tra le vie del dolore e la matrice dell'attenzione: uno studio del 2009 ha evidenziato che stimoli dolorosi continui influenzano i meccanismi di controllo dell'attenzione necessari per rimuovere stimoli non rilevanti per la task in corso, portando a una riduzione delle prestazioni nello svolgimento di quest’ultima. Negli studi sperimentali, l'attenzione è valutata in base alla durata dell'attenzione, al cambio di attenzione tra due o più compiti cognitivi e all'attenzione divisa, che studia la capacità di elaborare più di una fonte di informazioni contemporaneamente.

I giovani adulti e gli adulti di mezza età possono utilizzare compiti cognitivamente impegnativi per divergere la loro attenzione e gestire così, autonomamente, in una certa misura, il dolore. La sensibilità al dolore diminuisce con l'impegno in compiti che richiedono attenzione e con l'uso di distrazioni ambientali. Tuttavia, i soggetti anziani sono limitati in questa capacità e, pertanto, condizioni come il dolore cronico possono compromettere la capacità di svolgere in maniera autonoma le varie attività quotidiane; ciò costituisce quindi un fattore di rischio per la disabilità fisica, l'ospedalizzazione e la morte. Inoltre, comorbidità, come depressione e ansia, possono influenzare sia la percezione del dolore che l'attenzione. Pertanto, i pazienti con dolore cronico, soprattutto nel gruppo di età più avanzata con condizioni concomitanti, richiedono cure particolari.

 

Memoria
La memoria è una complessa funzione che consente di acquisire il flusso di informazioni in una successione di sistemi di memorizzazione. Le informazioni, dunque, possono così essere immagazzinate dalla memoria a breve termine, e successivamente dalla memoria a lungo termine. L'ippocampo è associato alla formazione della memoria a lungo termine esplicita e alla gestione di stress emotivi. Studi su uomo e animali mostrano una diminuzione del volume ippocampale e una riduzione della plasticità strutturale e biochimica in casi di soggetti affetti da dolore cronico.

La memoria di lavoro è una particolare forma di memoria a breve termine e gioca un ruolo essenziale nell'apprendimento e nell’elaborazione delle informazioni. Alcuni studi hanno dimostrato che il dolore cronico influisce negativamente sulla memoria di lavoro e sulla memoria di riconoscimento. La maggior parte dei pazienti con dolore cronico riferisce una riduzione nelle performance relative alla memoria e alla capacità di concentrazione nelle attività quotidiane. Inoltre, da dati in letteratura scientifica sembra che la memoria implicita sia meno influenzata dal dolore, probabilmente a causa della sua natura automatizzata

 


Elaborazione delle informazioni, funzioni esecutive e processo decisionale
Le funzioni esecutive rappresentano un insieme di processi neurologici che assistono nelle complesse funzioni cognitive, come la pianificazione, l'organizzazione, il controllo del pensiero, l'autoregolazione, le azioni orientate agli obiettivi, l'iniziazione e l'analisi delle azioni. Esiste una sovrapposizione funzionale tra le aree cerebrali responsabili delle funzioni esecutive e della percezione del dolore.

La riduzione della materia grigia è implicata nell'invecchiamento cognitivo e in un deterioramento delle funzioni esecutive e in una diminuzione della velocità di elaborazione. Questi cambiamenti, facilmente riscontrabili in persone anziane, sono generalmente accelerati da condizioni di dolore cronico.

Percezione, velocità di elaborazione, funzioni esecutive e processo decisionale sono stati studiati nei pazienti con dolore cronico ed è stato dimostrato che il dolore influenza negativamente l'apprendimento percettivo e il processo decisionale. L'entità dell’influenza che può avere il dolore cronico sulle funzioni esecutive dipende dalla tipologia di dolore cronico. Mentre si osserva un impatto sulle funzioni esecutive in caso di soggetti affetti da fibromialgia, non emergono correlazioni significative in casi di neuropatie e di dolore muscoloscheletrico cronico. Inoltre, sembra che i processi decisionali siano influenzati in modo più significativo nei pazienti con dolore lombare cronico rispetto a quanto si può osservare in pazienti affetti da CRPS.

 

Efficienza psicomotoria e tempo di reazione

Studi clinici condotti su pazienti affetti da dolore cronico, come nel caso di soggetti con neuropatie, hanno evidenziato un impatto negativo del dolore sull'efficienza psicomotoria e sul tempo di reazione verbale.

  

Bibliografia

  1. Khera T, Rangasamy V. Cognition and Pain: A Review. Front Psychol. 2021 May 21;12:673962.

 

IT-NON-2025-00469

Linee guida sul dolore cervicale

Il dolore cervicale e il disagio associato a questo disturbo rappresentano una condizione ampiamente diffusa a livello globale. La stima attuale indica che una percentuale significativa della popolazione, compresa tra il 22% e il 70%, sperimenterà sintomi da dolore cervicale nel corso della vita. Inoltre, dai dati in letteratura scientifica emerge una crescente incidenza di questo disturbo, ciò sottolinea la sua rilevanza nel panorama dell’Health care. Attualmente, una percentuale che oscilla tra il 10% e il 20% della popolazione segnala problemi legati al collo. Da una survey che ha incluso 1131 soggetti è emerso che il 54% degli individui aveva affrontato episodi di dolore cervicale nei sei mesi precedenti la survey. Altresì, è noto che la prevalenza del dolore cervicale aumenta con l’età e che è più comune nelle donne, soprattutto a partire dai 50 anni.

 

Nonostante in molti casi la storia clinica associata a questo disturbo sembri favorevole in termini di prognosi, in letteratura scientifica esistono diversi casi di recidive e cronicità della condizione. In particolare, uno studio ha rilevato che il 30% dei pazienti con dolore cervicale svilupperà in futuro sintomi di carattere cronico, con episodi dolorosi protratti per più di sei mesi. Un altro dato rilevante presente in letteratura scientifica ha evidenziato che il 37% delle persone che hanno vissuto episodi di dolore cervicale segnala sintomi persistenti che si protraggono per almeno 12 mesi.

 

page img dolore cervicaleUn aspetto molto importante dal punto di vista clinico è l’effetto del dolore cervicale sulla funzionalità del paziente nelle attività di vita quotidiana. Il 5% della popolazione adulta che presenta dolore cervicale manifesta una reale disabilità che inficia la qualità della vita. Per quanto concerne il burden di questa condizione sulla vita lavorativa, i dati rivelano che il 42% dei lavoratori con infortuni a livello cervicale o agli arti superiori ha riportato un periodo di assenza dal lavoro superiore a una settimana, e che il 26% ha subito recidive entro l'arco di un anno.

 

Diagnosi e valutazione del dolore cervicale, fattori di rischio e prognosi del paziente

Per la diagnosi del dolore cervicale il clinico dovrebbe considerare alcuni aspetti del disturbo che il paziente manifesta:

  • limitazioni di movimento a livello della regione cervicale e toracica superiore;

  • presenza di cefalea cervicogenica;

  • storia clinica di traumi a danno della regione cervicale;

  • dolore riferito o irradiato agli arti superiori.

 

 

 


L’analisi, all’esame fisico, di queste problematiche può permettere al medico di classificare il dolore cervicale del paziente nelle seguenti categorie:

  • dolore cervicale con deficit di motilità;

  • dolore cervicale con disturbi della coordinazione;

  • dolore cervicale con cefalea cervicogenica;

  • dolore cervicale con irradiazione radicolare.

 

È importante sottolineare che la classificazione della categoria più adatta per un determinato paziente deve essere basata sul giudizio del clinico tenendo conto della particolare storia clinica del paziente

 

Inoltre, dall’ultimo aggiornamento delle Raccomandazioni sul dolore cervicale è emerso un modello che è possibile seguire per la diagnosi e la pianificazione del trattamento per i pazienti con dolore cervicale:

  1. screening del paziente, questa fase integra i risultati dell'anamnesi e dell'esame fisico per determinare se i sintomi del paziente abbiano origine da una condizione che richiede il rinvio ad un altro specialista;
  2. classificazione della condizione attraverso l'analisi dei referti clinici che evidenziano alterazioni delle funzioni corporee (utilizzo della classificazione ICF, International Classification of Functioning, Disability and Health) e patologie/malattie associaye (utilizzo della classificazione ICD, International Classification of Diseases and Related Health Problems);
  3. valutazione dello stadio della condizione di dolore cervicale (acuta, subacuta, cronica). Esistono alcuni elementi che vengono correlati alla stadiazione di questo disturbo, questi includono il livello di disabilità riportato dal paziente, il grado di interruzione del sonno (qualità del sonno), il dosaggio di farmaci necessari per alleviare la condizione, la tendenza del paziente ad evitare le attività quotidiane e l’irritabilità (termine utilizzato per definire la capacità dei tessuti di gestire lo stress fisico, che varia in base al grado della condizione. La valutazione dell'irritabilità dei tessuti si basa sul giudizio clinico ed è importante per guidare le decisioni cliniche riguardo alla frequenza, all'intensità, alla durata e al tipo di trattamento, con l'obiettivo di adattare la dose ottimale del trattamento allo specifico caso);
  4. scelta e somministrazione delle strategie di intervento per la cura del dolore cervicale

 

Fattori di rischio per l’insorgenza del dolore cervicale

In pratica clinica può essere molto utile essere a conoscenza dei potenziali fattori di rischio predisponenti per l’insorgenza del dolore cervicale. Dall’ultimo aggiornamento delle Raccomandazioni su questa condizione, in particolare da evidenze di livello moderato-alto, è emerso che esistono due principali fattori di rischio per l’insorgenza di dolore cervicale nella popolazione generale e nei lavoratori d’ufficio:

  • sesso femminile;

  • pregressa storia clinica di dolore cervicale.

Altri fattori di rischio per questa condizione, supportati da evidenze di livello medio-basso sono l’età, elevato stress a livello lavorativo, abitudine tabagica, scarso supporto sociale e lavorativo, pregressa storia clinica di dolore lombare.

 

Valutazione della prognosi

Per stabilire una corretta prognosi del paziente con dolore cervicale le raccomandazioni suggeriscono, sulla base di evidenze di livello moderato-alto, di considerare i dati relativi all’intensità del dolore, il grado di disabilità autovalutato, i livelli di catastrofizzazione del dolore, i sintomi di stress post-traumatico (in caso di insorgenza traumatica della condizione) e l’iperalgesia da freddo. 

Per far questo è possibile utilizzare alcuni tools:

 

Parametro Tool raccomandato
Elevata intensità del dolore  Numerical Rating Scale (0-10): un punteggio di 6 o superiore viene considerato un valore utile per la prognosi.
Grado di disabilità elevato autovalutato  Neck Disability Index, originale o suoi riadattamenti più brevi: un valore superiore al 30% viene considerato un valore utile per la prognosi.
Alto livello di catastrofizzazione del dolore  Pain Catastrophizing Scale: un punteggio di 20 o superiore viene considerato un valore utile per la prognosi.
Sintomi da stress post-traumatico  Impact of Events Scale-Revised: un punteggio di 33 o superiore viene considerato un valore utile per la prognosi
Iperalgesia da freddo  Il TSA-II - NeuroSensory Analyzer è considerato il gold standard. Tuttavia, il costo di tale apparecchiatura potrebbe renderla impraticabile per gli operatori sanitari. Alternative a questo includono il cosiddetto cold pressor task (CPT), utilizzato come test di resistenza al freddo tramite l'uso di una vasca di acqua fredda, l'utilizzo di un cubetto di ghiaccio o l'uso di barre di metallo fredde.
 

 

Interventi terapeutici per il dolore cervicale
Dall’ultimo aggiornamento delle Raccomandazioni sul dolore cervicale sono emerse delle indicazioni, supportate da evidenze di livello moderato e di livello basso, relative alle 4 diverse tipologie di dolore cervicale e in base ai tre diversi stadi della condizione (acuto, subacuto, cronico).

 

  Dolore cervicale con deficit di motilità Dolore cervicale con disturbi della coordinazione Dolore cervicale con cefalea cervicogenica Dolore cervicale con irradiazione radicolare
 Acuto  

(Evidenze di livello moderato) 

 

Gli operatori sanitari dovrebbero eseguire manipolazione toracica, fornire un programma di esercizi per il collo per il miglioramento 

del Range Of Motion (ROM), e il rafforzamento della scapolo-toracica e degli arti superiori.

 

(Evidenze di livello basso) 

 

Gli operatori sanitari possono eseguire manipolazione cervicale e/o mobilizzazione.

 

(Evidenze di livello moderato)

 

Gli operatori sanitari dovrebbero fornire quanto segue:

Counseling del paziente per:

  • Tornare alle normali attività di vita quotidiana il prima possibile;

  • Ridurre al minimo l'uso di un collare cervicale;

  • Eseguire esercizi posturali e di mobilità per ridurre il dolore e aumentare la ROM.

Fornire al paziente rassicurazioni riguardo all'aspettativa di un recupero entro i primi 2-3 mesi.

 

(Evidenze di livello moderato)

 

Gli operatori sanitari dovrebbero prevedere l’implementazione di un approccio multimodale che includa tecniche di mobilizzazione manuale più esercizi (ad esempio, rafforzamento, resistenza, flessibilità, esercizi posturali, coordinazione, allenamento aerobico ed esercizi funzionali) per quei pazienti che si prevede avranno un recupero moderato o lento, con persistente compromissione.

 

(Evidenze di livello basso)

 

Gli operatori sanitari possono fornire quanto segue per i pazienti il cui stato è percepito come a basso rischio di progredire verso la cronicità:

  • Un colloquio con il paziente che preveda consigli, istruzioni sugli esercizi e counseling;

  • Un programma di esercizi completo (compresi esercizi di forza e/o resistenza con/senza esercizi di coordinazione);

  • Stimolazione elettrica nervosa transcutanea (TENS)

 

(Evidenze di livello moderato)

 

Gli operatori sanitari dovrebbero fornire istruzioni sugli esercizi di mobilità.

 

(Evidenze di livello basso) 

 

Gli operatori sanitari possono consigliare esercizi self-SNAGS (C1-C2 Self-Sustained Natural Apophyseal Glide).

 

(Evidenze di livello basso) 

 

Gli operatori sanitari possono fornire un programma di esercizi di mobilizzazione e stabilizzazione, laser, e l'uso a breve termine di un collare cervicale.

 Subacuto  

(Evidenze di livello moderato) 

 

Gli operatori sanitari dovrebbero prevedere l’esecuzione di esercizi di resistenza per il collo e il cingolo scapolare.

 

(Evidenze di livello basso)

 

Gli operatori sanitari possono eseguire manipolazione toracica e manipolazione e/o mobilizzazione cervicale.

 -   

(Evidenze di livello moderato)

 

Gli operatori sanitari dovrebbero eseguire manipolazione e mobilizzazione cervicali.

 

(Evidenze di livello basso) 

 

Gli operatori sanitari possono consigliare esercizi self-SNAGS (C1-C2 Self-Sustained Natural Apophyseal Glide).

 - 
 Cronico

 (Evidenze di livello moderato)

Gli operatori sanitari dovrebbero prevedere l’implementazione di un approccio multimodale che includa quanto segue:

  • Manipolazione toracica e manipolazione o mobilizzazione cervicale;

  • Esercizi misti per le regioni cervicali/scapolo-toraciche: esercizi neuromuscolari (ad esempio, coordinazione, propriocettività e allenamento posturale), stretching, rafforzamento, allenamento di resistenza, condizionamento aerobico ed elementi cognitivo-affettivi;

  • Dry needling (puntura a secco), laser o trazione meccanica/manuale intermittente

 

(Evidenze di livello basso)

Gli operatori sanitari possono fornire un piano di esercizi di resistenza per il collo, il cingolo scaporale e il tronco e strategie di educazione e counseling ai pazienti: interventi atti a promuovere uno stile di vita attivo.

 

(Evidenze di livello basso)

 

Gli operatori sanitari possono fornire quanto segue:

  • Counseling e consigli al paziente che possano rassicurarlo e incoraggiarlo e che si focalizzino anche su prognosi e gestione del dolore;

  • Mobilizzazione unita a un programma di esercizi submassimale, individualizzato e progressivo, che comprenda il rafforzamento cervico-toracico, l'allenamento di resistenza, la flessibilità e la coordinazione, utilizzando principi della terapia cognitivo-comportamentale;

  • TENS.

 

(Evidenze di livello moderato)

 

Gli operatori sanitari dovrebbero eseguire manipolazione cervicale o cervico-toracica o mobilizzazioni, abbinate a stretching, rafforzamento e esercizi di resistenza per il cingolo scapolare e il collo.

 

(Evidenze di livello moderato) 

 

Gli operatori sanitari dovrebbero fornire trazione cervicale intermittente meccanica, abbinata ad altri interventi come stretching e rafforzamento, insieme a mobilizzazione/manipolazione cervicale e toracica.

 

(Evidenze di livello moderato) 

 

Gli operatori sanitari dovrebbero fornire al paziente educazione e counseling per incoraggiare la partecipazione a attività lavorative e la costanza negli esercizi fisici.

 

cta scarica

Bibliografia

  1. Neck Pain Blanpied PR, Gross AR, Elliott JM, Devaney LL, Clewley D, Walton DM, Sparks C, Robertson EK. Neck Pain: Revision 2017. J Orthop Sports Phys Ther. 2017 Jul;47(7):A1-A83. doi: 10.2519/jospt.2017.0302;

 

IT-NON-2025-00470

La neuropatia diabetica

 neuropatia diabetica paywall
 

La neuropatia diabetica colpisce oltre la metà di persone in tutto il mondo affette da diabete, di cui circa un terzo sviluppa anche dolore neuropatico.
Approfondisci l'articolo sulla neuropatia diabetica, il quale fornisce una presentazione clinica della condizione, evidenzia l'importanza della diagnosi precoce e riporta suggerimenti riguardo la gestione.

Accedi ora e leggi gratuitamente l'articolo "La neuropatia diabetica"    


IT-NON-2025-00637

Il dolore cervicale: un'analisi della sua epidemiologia globale e dei fattori di rischio 

Il dolore cervicale rappresenta una delle principali problematiche muscoloscheletriche, con un tasso di prevalenza standardizzato per l’età di 27,0 per 1000 individui nel 2019. Il suo impatto sulla qualità della vita e sul sistema sanitario è notevole, con un impegno economico che solo negli Stati Uniti nel 2016 ha raggiunto i 134,5 miliardi di dollari per il trattamento del dolore cervicale e lombare. Una recente revisione narrativa della letteratura, pubblicata su BMC Musculoskeletal Disorders, ha analizzato in modo sistematico gli studi fino al maggio 2021 riguardanti l'epidemiologia e i fattori di rischio associati al dolore al collo. Attraverso l'utilizzo di database come PubMed e Google Scholar, questa ricerca ha posto l'accento sui fattori psicologici e biologici che contribuiscono all'insorgenza e alla progressione del dolore cervicale.

pageimg- dolore cervicaleFattori di rischio psicologici e clinici
I risultati indicano che fattori psicologici quali lo stress a lungo termine, la mancanza di supporto sociale, l'ansia e la depressione svolgono un ruolo cruciale nell'esordio del dolore al collo. Questi elementi psicosociali, spesso trascurati nella pratica clinica quotidiana, richiedono un'attenzione particolare nella valutazione del paziente con dolore cervicale. Sul fronte clinico condizioni come i disturbi neuromuscoloscheletrici e le malattie autoimmuni sono state associate al dolore cervicale. Per esempio, il dolore cervicale è uno dei disturbi più comuni ed evidenti dei pazienti affetti da disturbi quali spondilosi cervicale, fibromialgia, radicolopatia cervicale e disturbi associati al colpo di frusta. Il dolore cervicale o occipitale, infatti, è noto come la prima manifestazione clinica della spondilosi cervicale degenerativa.

Oltre agli antidolorifici, le tecniche non invasive per alleviare il dolore (ad esempio, terapia fisica e mobilizzazione/manipolazione) e i farmaci possono aiutare ad alleviare il dolore causato dalla spondilosi cervicale. L’intervento chirurgico è efficace anche nel prevenire la progressione del declino neurologico. La radicolopatia cervicale è un altro tipo di disturbo del collo che deriva dalla compressione o irritazione delle radici nervose nella colonna cervicale. Le manifestazioni cliniche della radicolopatia sono ampie, ma il dolore cervicale e alla spalla sono le complicanze primarie nei pazienti con radicolopatia cervicale. La diagnosi differenziale della radicolopatia cervicale comprende il dolore cardiaco, le malattie muscoloscheletriche, le infezioni e le neoplasie. I disturbi associati al colpo di frusta (whiplash-associated disorders - WAD) sono caratterizzati da un insieme di sintomi che colpiscono il collo e sono innescati da improvvisi movimenti di accelerazione-decelerazione. I WAD sono caratterizzati da diverse complicanze cliniche, tra cui dolore cervicale, mal di testa non specifico, vertigini e dolore all'articolazione temporo-mandibolare che sono innescati da una forza improvvisa che allunga i muscoli e i tendini del collo. Infine, le variabili demografiche, come l'età e il sesso, influenzano significativamente la prevalenza e l'evoluzione del dolore, evidenziando la necessità di una gestione clinica personalizzata.

Approccio consigliato
Nell'ottica terapeutica, nonostante la mancanza di un trattamento standard definitivo, si sono dimostrate promettenti diverse opzioni, tra cui terapie farmacologiche e non farmacologiche come la terapia laser, il massaggio, l'agopuntura, lo yoga e la terapia acquatica. Tali trattamenti devono essere selezionati sulla base di un'attenta valutazione delle caratteristiche individuali del paziente. Gli Autori concludono sottolineando l'importanza di un approccio diagnostico e terapeutico olistico e multidisciplinare, evidenziando come la prevenzione, la diagnosi accurata e una gestione personalizzata siano essenziali per affrontare il dolore cervicale. Il lavoro suggerisce anche come ulteriori ricerche siano necessarie per colmare le lacune attuali nella conoscenza di questa sintomatologia, per migliorare le strategie terapeutiche e per ottimizzare la qualità delle cure fornite ai pazienti.

Fonti
Kazeminasab S, Nejadghaderi SA, Amiri P, Pourfathi H, Araj-Khodaei M, Sullman MJM, Kolahi AA, Safiri S. Neck pain: global epidemiology, trends and risk factors. BMC Musculoskelet Disord. 2022 Jan 3;23(1):26. doi: 10.1186/s12891-021-04957-4

 

IT-NON-2025-00062 

 

Dolore neuropatico periferico: sintomi e trattamento

Il dolore neuropatico periferico si manifesta come conseguenza di lesioni a carico del SNP.1 Esistono diverse sindromi che sono connesse al dolore neuropatico periferico e che originano infatti da un danno a livello del SNP:1

  • disturbi legati a tossicità come neuropatia periferica indotta da chemioterapia e neuropatia alcolica;
  • sindromi ad eziologia traumatica come la CRPS (sindrome da dolore regionale complesso) di tipo II, il dolore da arto fantasma e la neuropatia post-chirurgica/traumatica;
  •  cause ischemiche o metaboliche, come il dolore neuropatico diabetico e la carenza di vitamina B12;
  • infezioni o infiammazioni, come la nevralgia post-erpetica e il dolore neuropatico dovuto a infezione da virus dell'immunodeficienza umana (HIV);
  • compressione nervosa causata da radicolopatia dolorosa o da sindrome del tunnel carpale;
  • cause ereditarie come la malattia di Charcot-Marie-Tooth, l'eritromelalgia e la sindrome da dolore parossistico estremo.

Queste condizioni condividono alcune caratteristiche generali, tra cui il dolore lancinante o urente. Anche l’allodinia, così come l’iperalgesia sono rappresentano caratteristiche comuni.1

Il trattamento del dolore neuropatico periferico è un'area terapeutica in continua evoluzione, esistono oggi molteplici tecniche interventistiche disponibili per i pazienti. I medici che offrono queste terapie devono utilizzare processi di selezione scrupolosi dei pazienti e un programma di trattamento del dolore multimodale e personalizzato che supporti e che abbia come obiettivo un rapporto rischio/beneficio quanto migliore possibile2.

Attualmente, le opzioni di trattamento disponibili includono sia approcci farmacologici che non farmacologici.3 Le opzioni terapeutiche non farmacologiche per il trattamento del dolore neuropatico includono i seguenti approcci: terapie interventistiche (blocco dei nervi periferici, neurostimolazione periferica), terapie fisiche (ultrasuoni, stimolazione elettrica nervosa transcutanea, terapia con laser, esercizi di mirror therapy e esercizio fisico) e terapie psicologiche (terapia cognitivo-comportamentale (CBT), psicoterapia).3

 

Bibliografia

  1. Meacham K, Shepherd A, Mohapatra DP, Haroutounian S. Neuropathic Pain: Central vs. Peripheral Mechanisms. Curr Pain Headache Rep. 2017 Jun;21(6):28.
  2. Murphy D, Lester D, Clay Smither F, Balakhanlou E. Peripheral neuropathic pain. NeuroRehabilitation. 2020;47(3):265-283.
  3. Szok D, Tajti J, Nyári A, Vécsei L. Therapeutic Approaches for Peripheral and Central Neuropathic Pain. Behav Neurol. 2019 Nov 21;2019:8685954.

 

IT-NON-2025-00060

 

Dolore lombare: opzioni di trattamento

Il termine Dolore Lombare (acuto o cronico) comprende sia le forme “comuni”, sia quelle cosiddette “sintomatiche”. La lombalgia comune è una sindrome complessa, di incontestabile importanza clinica ed epidemiologica. L’eterogeneità delle lombalgie comuni è un fatto evidente nella clinica quotidiana. Le forme definite “sintomatiche” possono dipendere da malattie infiammatorie, reumatologiche, sofferenze erniarie, patologie tumorali etc. Non sempre di semplice inquadramento.

L’analisi delle caratteristiche del dolore deve includere alcuni elementi: in quali circostanze il dolore è iniziato, come si manifesta o si esacerba, sede, eventuale irradiazione, entità, qualità e riproducibilità.
La raccolta dei dati anamnestici e l’ analisi dei segni (modo di muoversi, esame posturale, palpazione e osservazione delle aree interessate, esame neurologico completo con particolare attenzione al Lasègue, riflessi, forza ed estesi ad arti inferiori) potranno indirizzarci verso una più precisa diagnosi etiologica (tensione-trauma muscolare L/S, osteopenia/osteoporosi, malattie degenerative del disco, spondilosi lombare, ernia discale, spondilolistesi, stenosi canale vertebrale, fratture, patologie infettive, patologie infiammatorie, patologie viscerali).

Diventa fondamentale quindi una diagnosi differenziale con l’ausilio della clinica, eventuali accertamenti radiologici strumentali, sierologici o ricorrendo se necessario, alla consulenza da parte di Colleghi di altre discipline.

Alcuni quadri dolorosi inoltre possono presentare aspetti di sofferenza nocicettiva e neuropatica radicolare contemporaneamente. Dovranno essere trattate ambedue le componenti.
 
Trattamento farmacologico

I trattamenti farmacologici sono fondamentali per la lombalgia sia acuta che cronica. I farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) possono essere efficaci per il sollievo a breve termine, ma i FANS non possono essere impiegati per un uso cronico.
Gli Oppiacei maggiori vengono impiegati per il trattamento del dolore da moderato a severo, anche per lunghi periodi di tempo. 
Se necessario ricorrere agli Adiuvanti (es. neuromodulatori in caso di sofferenza radicolare).
Fondamentale è il follow-up.

Trattamento non farmacologico
Una volta fatta diagnosi delle cause del dolore si potranno valutare, da caso a caso, trattamenti non farmacologici quali massaggi, manipolazioni, ginnastica posturale, Tens, agopuntura. Alcuni di questi trattamenti non hanno ancora avuto adeguata validazione scientifica. Vanno modificate se possibili alcune abitudini negative (eccesso di peso, sedentarietà, etc).

Trattamenti invasivi
In alcuni pazienti si può ricorrere anche a trattamenti invasivi (blocchi anestetici, cortisonici, steroidi per via peridurale, blocco canale radicolare, blocco delle faccette articolari, denervazione delle faccette, in radiofrequenza, stimolatore midollare). Queste tecniche vanno eseguite, se indicate, da medici esperti e dopo attenta valutazione. Oggi, sempre più, queste tecniche vengono eseguite sotto visione ecografica, amplificatore di brillanza o Tac a seconda della metodica.

Nel caso il dolore cronico lombare non risponda alla terapia
In questi casi non esiste purtroppo un singolo trattamento risolutivo. Conviene a questo punto rivalutare l’ipotesi diagnostica precedentemente fatta, richiedendo eventuali nuovi accertamenti. Rivedere anche i trattamenti farmacologici consigliati analgesici e adiuvanti. A volte, soprattutto nell’uso degli oppiacei, vengono impiegati dosaggi non adeguati o addirittura sotto dosati. E così pure per ciò che riguarda i neuro modulatori per timore degli effetti collaterali.

Questi aspetti sono spesso responsabili dell’inefficacia del trattamento. Indagare infine se il paziente ha assunto nel modo corretto i farmaci prescritti (dosaggi, incrementi, tempi di assunzione).
La non aderenza alle terapie prescritte è un problema non indifferente. 
A tal proposito si segnala quanto sia importante una comunicazione adeguata al paziente.
Se il paziente non ha avuto beneficio dai vari trattamenti - farmacologico, non farmacologico ed invasivo (l’uno non esclude l’altro) - si potrà valutare una ipotesi chirurgica.

Fonti

  • Patrick N, Emanski E, Knaub MA. Acute and chronic low back pain. Med Clin North Am. 2014 Jul;98(4):777-89, xii.
  • Urits I, Burshtein A, Sharma M, Testa L, Gold PA, Orhurhu V, Viswanath O, Jones MR, Sidransky MA, Spektor B, Kaye AD. Low Back Pain, a Comprehensive Review: Pathophysiology, Diagnosis, and Treatment. Curr Pain Headache Rep. 2019 Mar 11;23(3):23.

 

 

IT-NON-2025-00061

 

Osteoartrosi: opzioni di trattamento

L’osteoartrosi (OA) è una delle malattie muscolo-scheletriche più frequenti e porta a un declino funzionale e a una ridotta qualità della vita. Clinicamente, la condizione è caratterizzata da dolore articolare, crepitio, rigidità e limitazione dei movimenti con versamento occasionale e gradi variabili di infiammazione locale. Il dolore nell'osteoartrosi è spesso correlato all’attività e non è semplicemente attribuibile ai cambiamenti strutturali dell'articolazione interessata, ma è il risultato dell'interazione tra alterazione strutturale e meccanismi di elaborazione del dolore a livello periferico e centrale.1

Obiettivi del trattamento
I principali obiettivi del trattamento sono il controllo del dolore, riducendo al minimo gli effetti collaterali, il mantenimento o il miglioramento della mobilità e della funzionalità articolare e una migliore qualità della vita correlata alla salute.2
Il trattamento dovrebbe essere personalizzato per ogni individuo, poiché nessuna singola terapia è necessariamente adeguata a tutti. Infatti, in generale, le principali linee guida cliniche per la gestione della malattia concordano sul fatto che la terapia dovrebbe coinvolgere una combinazione di terapie farmacologiche e non farmacologiche.2

Trattamento non farmacologico
Il trattamento non farmacologico può essere basato in prima istanza sulla riduzione dei fattori di rischio modificabili (per esempio obesità), ma anche altri interventi sono risultati efficaci.
Una meta-analisi di 60 studi randomizzati ha per esempio rilevato che l'esercizio fisico migliora il dolore e la funzionalità negli individui con OA. Questo studio ha anche suggerito interventi che combinano rafforzamento, flessibilità ed esercizio aerobico.

L'aumento del dolore da OA può essere associato a depressione, ansia, drammatizzazione del dolore, isolamento sociale e cattive strategie di coping (capacità di fronteggiare il problema). Nel trattamento dell’OA è stata utilizzata anche la terapia cognitivo-comportamentale, ovvero la psicoterapia che utilizza sessioni strutturate per aiutare gli individui a identificare e modificare pensieri e comportamenti negativi.1

Trattamento farmacologico
I FANS e il paracetamolo sono generalmente considerati terapie di prima linea nel trattamento dell'OA. Al momento, non ci sono prove evidenti del beneficio di un particolare FANS rispetto a un altro, mentre il paracetamolo si è dimostrato solo moderatamente efficace nel trattamento dell’OA e comunque meno efficace dei FANS. L'uso di farmaci più potenti, come oppioidi deboli e analgesici narcotici, può essere preso in considerazione quando altri farmaci non hanno funzionato o sono controindicati.1

 

Fonti
1. 
Abramoff B, Caldera FE. Osteoarthritis: pathology, diagnosis, and treatment options. Med Clin North Am 2020;104(2):293-311
2. 
Pereira D, Ramos E, Branco J. Osteoarthritis. Acta Med Port 2015;28(1):99-106.

 

IT-NON-2025-00063

 

La diagnosi differenziale del dolore neuropatico

Il dolore neuropatico (NP, Neuropathic Pain) - causato da una lesione o una malattia del sistema nervoso somato-sensoriale - è spesso sotto-diagnosticato e difficile da trattare.1 A volte il NP può essere presente nei pazienti senza che ci sia alcun riscontro fisico facilmente dimostrabile, e diverse sono le forme sotto il quale può presentarsi (Tabella 1). Per poter iniziare una terapia appropriata è quindi importante distinguere questa condizione da altre sindromi dolorose.2

A causa della mancanza di uno strumento diagnostico specifico per il NP, è stato proposto un sistema diagnostico di classificazione di NP declinato in 'possibile', 'probabile' e 'definito', che stabilisce i livelli di certezza su "quanto è probabile che una determinata condizione di dolore sia di natura neuropatica".3
Pertanto, il dolore con una distribuzione neuro-anatomicamente plausibile e un’anamnesi coerente con una lesione o una malattia somato-sensoriale va considerato come "possibile NP". 3 Se i sintomi sensoriali, positivi o negativi, sono descritti all'interno della distribuzione del dolore, il livello diagnostico aumenta a "probabile NP". Infine, se il coinvolgimento somato-sensoriale è confermato da test diagnostici oggettivi, al paziente può essere diagnosticata un "NP definito".3


Strumenti di screening basati sui sintomi, utilizzati nella pratica clinica

Tuttavia, è importante sottolineare che nessun singolo sintomo è diagnostico del NP, piuttosto sono le combinazioni di alcuni sintomi, con la descrizione del dolore e l’esame obiettivo del paziente che aumentano la probabilità della diagnosi di una condizione di dolore neuropatico.4
A tale scopo sono stati sviluppati diversi strumenti di screening verbale (questionari) basati su questi segni e sintomi; sono semplici e facili da usare nella pratica clinica e possono orientare il Medico sulla necessità di un esame più approfondito, alla ricerca del NP, anche se comunque non sostituiscono un buon esame clinico.4
Ciascuno di questi strumenti di screening utilizza da 4 a 9 elementi descrittori del dolore, 3 dei quali (sensazioni di formicolio, dolore lancinante e bruciore) sono inclusi in tutti i questionari.4

Le versioni complete degli strumenti di screening del Leeds Assessment of Neuropathic Symptoms e Signs (LANSS) e del Douleur Neuropathique en 4 questions (DN4) includono anche un minimo test sensoriale del paziente, ma da ciascuno di essi sono state sviluppate versioni più semplici gestibili diretatmente dal paziente. Infine, anche lo strumento pain-DETECT – originariamente sviluppato per rilevare le componenti neuropatiche in pazienti con lombalgia cronica – può essere utile per identificare altri tipi di dolore neuropatico. La sensibilità (dal 66% al 91%) e la specificità (dal 74% al 94%) di questi strumenti rientrano in range ragionevoli.4


Esame clinico e test sensoriali

Il primo obiettivo dell'esame di un paziente con dolore è identificare la malattia sottostante e il tipo di dolore. In caso di dolore neuropatico, risultati sensoriali anormali dovrebbero essere neuro-anatomicamente compatibili con la localizzazione di un sito di lesione. L'esame neurologico è quindi finalizzato alla ricerca di possibili anomalie relative a una lesione, consentendo di determinarne il livello anatomico (periferico o centrale). Ciascuna modalità sensoriale può essere testata separatamente, utilizzando semplici strumenti, come mostrato in Tabella 2.4
Il test clinico sensoriale di solito inizia con un semplice tocco, seguito da un test di puntura. Può essere eseguito il test della sensibilità tattile utilizzando una leggera pressione delle dita, qualora non siano disponibili altri strumenti. Se le sensibilità tattile e puntoria risultano normali, dovrebbero essere testate anche le sensibilità termica e vibratoria, prima di considerare integra la funzione sensoriale complessiva.4

 


Procedure diagnostiche aggiuntive

In casi clinicamente chiari, come la nevralgia post-erpetica, non sono necessari ulteriori test, avviando quindi la terapia farmacologica in base alle linee guida evidence-based. In altri casi, potrebbero essere necessari test di laboratorio, come nella neuropatia periferica dolorosa. Se i test sensoriali non sono conclusivi o la malattia causale non è evidente, il paziente deve essere indirizzato allo Specialista (per esempio, un reparto neurologico o un centro di terapia del dolore) per un'ulteriore valutazione. I test utilizzati in un centro specializzato possono includere procedure elettrofisiologiche convenzionali come studi sulla conduzione nervosa, nonché strumenti di laboratorio meno convenzionali per valutare le vie nocicettive dei sistemi nervoso periferico e centrale.4

 

Bibliografia

  1. Attal N, Bouhassira D, Baron R. Diagnosis and assessment of neuropathic pain through questionnaires. Lancet Neurol 2018; 17(5):456-466.
  2. Nicholson B. Differential Diagnosis: Nociceptive and Neuropathic Pain. Am J Manag Care. 2006 Jun;12(9 Suppl):S256-62.
  3. Garcia-Larrea L, Hagiwara K. Electrophysiology in diagnosis and management of neuropathic pain. Rev Neurol (Paris). Jan-Feb 2019;175(1-2):26-37.
  4. Haanpää ML et al. Assessment of Neuropathic Pain in Primary Care. The American Journal of Medicine (2009) 122, S13–S21.

 

 

IT-NON-2025-00058