Dolore e Infiammazione
Convivere con l’artrite reumatoide
Dolore neuropatico nel paziente oncologico
Gestire l’osteoartrosi
La lombalgia influisce sulle attività quotidiane
La lombalgia è una tra le cause principali di disabilità nel mondo, che può influire gravemente sulle attività quotidiane delle persone che ne sono affette. Nell’infografica alcuni dati rilevanti che dimostrano l’elevato impatto di questa tipologia di dolore sulla società.
IT-NON-2024-00113
Raccomandazioni riguardo alla fibromialgia
Le differenti raccomandazioni riguardo alla fibromialgia si basano su diverse definizioni della sindrome stessa. L’infografica descrive inoltre i sintomi più comuni associati alla fibromialgia, quali dolore, disturbi mentali e del sonno.
IT-NON-2024-00083
Gestire la lombalgia - Dati rilevanti
IT-NON-2024-00068
Il dolore - Guida rapida
La Guida Rapida presenta una classificazione del dolore sulla base del meccanismo fisiopatologico, della durata, dell'eziologia e della localizzazione anatomica, con focus sulla differenza tra dolore neuropatico e dolore nocicettivo. Inoltre, sono descritte le vie di trasmissione degli stimoli nocicettivi dalla periferia all'encefalo e le caratteristiche del dolore cronico.
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Fibromialgia - Guida rapida
La fibromialgia è una patologia dolorosa cronica complessa, caratterizzata non solo da dolore muscolo-scheletrico diffuso ma anche da importante affaticamento, disturbi del sonno e da numerosi sintomi a carico di diversi organi ed apparati. Il dolore cronico rappresenta il principale sintomo della sindrome fibromialgica: nella Guida Rapida sono rappresentate le sedi dei Tender Points, le vie ascendenti e discendenti del dolore neuropatico, proponendo infine un completo iter diagnostico.
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Dolore - Guida rapida
La guida rapida presenta una classificazione delle diverse forme di dolore, con l’aggiunta di schemi utili per procedere ad una accurata anamnesi del paziente. Inoltre, vengono illustrate la sintomatologia e la fisiopatologia di due patologie frequentemente associate al dolore acuto: la cefalea e la dismenorrea.
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Febbre da COVID-19 o influenza: come distinguerle
L'evolversi dell'epidemia da COVID-19 ha continuamente suscitato confronti con l'influenza. Anche se il periodo pandemico è ormai un ricordo, la distinzione tra la febbre causata da SARS-CoV-2 e quella generata da virus influenzali è di fondamentale importanza. Nonostante la condivisione di alcuni sintomi respiratori, capire le differenze tra i virus, specialmente nelle loro modalità di diffusione e impatto sulla salute, rimane un tema di costante rilevanza nel dibattito sulla salute pubblica attuale. Questa comprensione è infatti cruciale per delineare strategie mirate alla salute pubblica e permettere una gestione ottimale di questi pazienti.
Entrambe queste condizioni oltre a condividere una presentazione clinica simile, hanno una medesima modalità di trasmissione ovvero attraverso il contatto, le goccioline respiratorie che vengono liberate nell'aria attraverso uno starnuto o un colpo di tosse e gli oggetti contaminati.
Le differenze cruciali tra il COVID-19 e l'influenza emergono nel modo in cui si diffondono questi virus. La stagionalità dell’influenza è specifica del periodo invernale mentre quella del SARS-CoV-2 è variabile in base alla diffusione del virus. L'influenza ha poi un periodo di incubazione più breve rispetto al COVID-19 e ha un intervallo seriale più rapido, il che significa che si diffonde più velocemente. La trasmissione precoce durante i primi giorni di malattia, o potenzialmente la trasmissione presintomatica - è un importante motore di diffusione dell'influenza, mentre nel caso del COVID-19, la trasmissione presintomatica non sembra avere lo stesso peso sebbene ci siano persone in grado di eliminare il virus SARS-CoV-2 dalle 24 alle 48 ore prima dell’insorgenza dei sintomi. Un altro punto di distinzione riguarda l'età: i dati indicano che i bambini sono meno colpiti dal COVID-19 rispetto agli adulti, mentre nell'influenza i bambini sono considerati veicoli significativi di trasmissione.
In entrambe le condizioni, i sintomi principali riguardano, come detto, le vie respiratorie, ma possono essere presenti anche sintomi sistemici, come malessere generale e febbre alta. Si possono poi verificare casi asintomatici o paucisintomatici e l’evolversi verso forme gravi è anche correlata all’età e all’eventuale presenza di condizioni morbose preesistenti.
Nello specifico, in caso di influenza, i sintomi compaiono generalmente dopo un breve periodo di tempo di 1-4 giorni dal contatto con una persona infetta e comprendono: febbre, astenia, tosse, mal di gola, raffreddore, dolori muscolari e articolari. Invece in caso di Covid-19, i sintomi compaiono generalmente dopo 2-7 giorni di incubazione e possono comprendere: febbre, tosse insistente, raffreddore, stanchezza, mal di testa, mal di gola molto intenso, specifico in molti casi di infezione da SARS-CoV-2, difficoltà respiratoria, perdita di gusto e olfatto (ageusia e anosmia). Possono poi essere presenti anche sintomi gastrointestinali come vomito, diarrea e mal di pancia.
Anche se nelle fasi iniziali i sintomi possono essere molto simili, la presenza di mal di gola molto intenso, tosse insistente, difficoltà respiratoria (affanno/apnea), sintomi gastrointestinali, potranno indirizzare il clinico verso una sospetta infezione da SARS-CoV-2.
Il decorso dell’influenza, specialmente nei soggetti fragili (anziani, bambini, donne in gravidanza…) può portare allo sviluppo di complicanze come polmonite, otite, sinusite, parto prematuro, convulsioni e in generale aggravamento di malattie preesistenti fino, nei casi più gravi, a morte.
Tra le caratteristiche complicanze dell’infezione da SARS-CoV-2 ricordiamo: l’insufficienza respiratoria severa, l’incremento della coagulazione del sangue con rischio di trombosi, gli eventi cardiovascolari e cerebrovascolari (infarto, ictus), la perdita permanente dell’olfatto e la morte nei casi più gravi e nelle categorie di pazienti fragili con patologie pregresse.
Anche settimane dopo la guarigione dal Covid possono poi manifestarsi sintomi quali: stanchezza persistente, perdita di concentrazione, dolori articolari e mal di testa, il cosiddetto “long Covid”.
Inoltre, a livello pediatrico, il SARS-CoV-2 può raramente provocare un quadro infiammatorio molto importante che si associa a problemi cardiaci, renali, gastrointestinali insorgendo 2-6 settimane dopo l’infezione con il quadro di Sindrome Infiammatoria Multisistemica Pediatrica (Misc-C).
Sebbene sia i virus influenzali che il virus SARS-CoV-2 possano causare complicanze nel breve e lungo periodo, l’evoluzione verso forme gravi differisce notevolmente tra queste due condizioni. Nonostante nella maggior parte dei casi i pazienti con COVID-19 mostrano una sintomatologia lieve o addirittura una forma asintomatica, le percentuali di casi gravi o critici rimane comunque superiore rispetto a quelli osservati nell'infezione influenzale.
Riconoscere le differenze tra le due infezioni è quindi fondamentale per gestire la salute pubblica e permettere non solo l’adozione di risposte specifiche ed efficaci, ma anche la messa in atto di adeguate misure preventive. L’esecuzione del tampone nasofaringeo rimane ad oggi uno strumento importante per accertare l’infezione da SARS-CoV-2 ma la vaccinazione contro l'influenza e il COVID-19 rappresentano la principale misura preventiva per la salute collettiva.
Fonti:
1. Coronavirus disease 2019 (COVID-19) Situation Report – 46 . World Health Organization - https://www.who.int/docs/default-source/coronaviruse/situation-reports/20200306-sitrep-46-covid-19.pdf?sfvrsn=96b04adf_2
NON-2023-11963
Calcolatore Brief Pain Inventory (BPI)
Calcolatore painDETECT
Anatomia del dolore neuropatico
Bibliografia
- Società Italiana di Reumatologia. Classificazione delle malattie reumatologiche. 2019; 71(Suppl. 2)
- Arnold LM et al. AAPT Diagnostic criteria for fibromyalgia. The Journal of Pain. 2019; 20(6):611−628
- Marques AP et al. Prevalence of fibromyalgia: literature review update. Revista Brasileira de Reumatologia. 2017; 57(4):356–363
- Società Italiana di Reumatologia. https://www.reumatologia.it/registro-fibromialgia. Ultimo accesso giugno 2021
NON-2022-9077
Capire il dolore lombare. Anatomia delle lesioni articolari dorsali e sacroiliache
Bibliografia
- Società Italiana di Reumatologia. Classificazione delle malattie reumatologiche. 2019; 71(Suppl. 2)
- Arnold LM et al. AAPT Diagnostic criteria for fibromyalgia. The Journal of Pain. 2019; 20(6):611−628
- Marques AP et al. Prevalence of fibromyalgia: literature review update. Revista Brasileira de Reumatologia. 2017; 57(4):356–363
- Società Italiana di Reumatologia. https://www.reumatologia.it/registro-fibromialgia. Ultimo accesso giugno 2021
NON-2022-9077
Come riconoscere e trattare il dolore neuropatico
Si stima che a livello mondiale circa il 7-10% della popolazione soffra di dolore neuropatico, che per definizione può avere origine da una lesione che causa una compressione nervosa o da altre patologie come la sclerosi multipla, la neuropatia diabetica, l’ictus, l’infezione da herpes zoster o malattie oncologiche
Bibliografia
- Società Italiana di Reumatologia. Classificazione delle malattie reumatologiche. 2019; 71(Suppl. 2)
- Arnold LM et al. AAPT Diagnostic criteria for fibromyalgia. The Journal of Pain. 2019; 20(6):611−628
- Marques AP et al. Prevalence of fibromyalgia: literature review update. Revista Brasileira de Reumatologia. 2017; 57(4):356–363
- Società Italiana di Reumatologia. https://www.reumatologia.it/registro-fibromialgia. Ultimo accesso giugno 2021
NON-2022-9077
Fibromialgia
Definizione
- La fibromialgia (FM), detta anche sindrome fibromialgica, è tra le cause più comuni di dolore cronico diffuso. (1)
- La FM è caratterizzata da dolore cronico diffuso da almeno 3 mesi e un insieme di sintomi somatici che includono principalmente disturbi del sonno, disfunzioni cognitive e affaticamento, ma possono comprendere anche alterazioni dell’umore. (1)
- La FM può manifestarsi a qualsiasi età, anche durante l’infanzia. (1)
- La diagnosi di FM è una diagnosi di esclusione che comporta considerevoli ritardi diagnostici per molti pazienti, con conseguente impatto sulla malattia a lungo termine. (1) La diagnosi può richiedere più di 2 anni di tempo e il coinvolgimento di 3,7 specialisti, in media. (2)
- Una diagnosi di FM non esclude la presenza di altre patologie. (1)
Epidemiologia
- La prevalenza di FM nella popolazione generale è compresa tra lo 0,2% e il 6,6%. (3)
- La malattia è più frequente nelle donne, in cui si osserva una prevalenza del 2,4-6,8%. (3)
- La FM è tendenzialmente più prevalente nelle zone urbane rispetto a quelle rurali (0,7-11,4% vs. 0,1-5,2%). (3)
- In Italia circa 2 milioni di pazienti sono affetti da FM. Tale patologia occupa i primi posti per frequenza tra le malattie reumatiche e rappresenta il 12-20% delle diagnosi formulate in ambito ambulatoriale. (4)
- La prevalenza di FM aumenta con l’età: cresce nella mezza età (50-59 anni) e poi diminuisce nella popolazione più anziana (80+ anni). (2)
- L'età media di insorgenza è tra i 30 e i 50 anni. (2)
FM: fibromialgia
Diagnosi
I sintomi multipli e le comorbidità associate alla FM rendono questa malattia difficile da diagnosticare; di conseguenza, la FM rimane sottodiagnosticata e sottotrattata. (2)
Criteri diagnostici di base: (2)
- Siti multipli di dolore definiti come 6 o più siti di dolore su un totale di 9 siti possibili
- Disturbi del sonno da moderati a gravi OPPURE astenia
- Siti multipli di dolore più astenia o disturbi del sonno presenti da almeno 3 mesi
Altre caratteristiche comuni: (2)
- Sensibilità al tocco (sensibilità generalizzata dei tessuti molli e dei muscoli alla pressione che normalmente non dovrebbe causare dolore)
- Discognizione (es.: difficoltà di concentrazione, dimenticanze, pensiero disorganizzato o lento)
- Rigidità muscoloscheletrica che non risponde ai corticosteroidi
- Sensibilità ambientale o ipervigilanza (intolleranza alle luci intense, ai rumori forti, ai profumi e al freddo)
FM: fibromialgia
Fattori di rischio
- Storia personale e famigliare di dolore cronico (2)
- Eventi avversi nella prima parte della vita (2)
- Malattie, incluse le infezioni (es.: virus di Epstein Barr, malattia di Lyme, febbre Q, epatite virale) (2)
- Traumi (es.: incidenti stradali) (2)
- Fattori di stress psicosociale (2)
Bibliografia
- Società Italiana di Reumatologia. Classificazione delle malattie reumatologiche. 2019; 71(Suppl. 2)
- Arnold LM et al. AAPT Diagnostic criteria for fibromyalgia. The Journal of Pain. 2019; 20(6):611−628
- Marques AP et al. Prevalence of fibromyalgia: literature review update. Revista Brasileira de Reumatologia. 2017; 57(4):356–363
- Società Italiana di Reumatologia. https://www.reumatologia.it/registro-fibromialgia. Ultimo accesso giugno 2021
NON-2022-9077
Neuropatie diabetiche
Panoramica e definizione
- Le neuropatie diabetiche sono le complicazioni croniche più diffuse del diabete. (1)
- Questo gruppo eterogeneo di condizioni colpisce diverse parti del sistema nervoso e si presenta con diverse manifestazioni cliniche. (1)
- Tra le varie forme di neuropatia diabetica, la polineuropatia simmetrica distale (DSPN) e la neuropatia autonomica cardiovascolare (CAN) sono di gran lunga le più studiate. (1)
- La più comune tra le neuropatie diabetiche è la DSPN cronica, che rappresenta circa il 75% delle neuropatie diabetiche. (1)
- Una semplice definizione di DSPN per la pratica clinica è la presenza di sintomi e/o segni di disfunzione nervosa periferica in pazienti con diabete dopo l'esclusione di altre cause.(1)
- La DSPN è simmetrica e prevalentemente sensoriale, inizia distalmente e si diffonde gradualmente in senso prossimale in una distribuzione a guanti e calze. Causa una morbilità sostanziale ed è associata a un aumento della mortalità. (4)
Epidemiologia
A livello globale, più di 420 milioni di persone sono affette da diabete;(2) di queste, 3,5 milioni sono in Italia. (3) L’aumento dei casi di diabete è accompagnato da un aumento della prevalenza delle complicazioni del diabete, tra cui le neuropatie. (4)
Diabete di tipo 1
- La DSPN si verifica in almeno il 20% dei pazienti affetti da diabete di tipo 1 da almeno 20 anni. (1)
- La prevalenza di CAN è molto bassa nei pazienti con diabete di tipo 1 di nuova diagnosi, ma aumenta sensibilmente con la durata della malattia: una prevalenza ≥30% è stata osservata dopo 20 anni. (1)
Diabete di tipo 2
- La DSPN è presente nel 10-15% dei pazienti con nuova diagnosi di diabete di tipo 2, con tassi che aumentano al 50% dopo 10 anni di malattia. (1)
- La prevalenza di CAN aumenta con la durata del diabete di tipo 2 e può essere presente fino al 60% dei pazienti dopo 15 anni di malattia. (1)
DSPN: polineuropatia simmetrica distale; CAN: neuropatia autonomica cardiovascolare
Fattori di rischio
- Età (4)
- Durata del diabete (4)
- Scarso controllo glicemico (4)
- Colesterolo LDL e trigliceridi elevati (4)
- Ipertensione (4)
- Obesità (4)
- Fumo (4
Sintomi
DSPN
Fino al 50% dei pazienti manifestano sintomi di DSPN, il resto è asintomatico. I sintomi variano a seconda della classe di fibre sensoriali coinvolte. (1)
Sintomi da coinvolgimento di piccole fibre (1)
- Dolore bruciante, lancinante, formicolante o pulsante (tipo scossa elettrica)
- Dolore che si verifica con parestesie
- Dolore che si presenta in varie combinazioni
- Dolore tipicamente peggiore di notte
- Il dolore può essere accompagnato da iperalgesia e allodynia
Sintomi da coinvolgimento di grandi fibre (1)
- Intorpidimento
- Formicolio senza dolore
- Perdita della sensibilità protettiva (fattore di rischio per l'ulcerazione del piede diabetico)
DSPN: polineuropatia simmetrica distale
CAN
I sintomi più comuni si verificano in posizione eretta: (1)
- Vertigini
- Debolezza
- Palpitazioni
- Svenimenti
- Sincope
CAN: neuropatia autonomica cardiovascolare
Diagnosi
DSPN
- La DSPN è spesso mal diagnosticata e trattata in modo inadeguato. (4)
Test clinici per valutare la funzione delle piccole e grandi fibre da distale a prossimale: (1)
1) Funzione delle piccole fibre: sensibilità alla puntura di spillo e alla temperatura
2) Funzione delle grandi fibre: percezione delle vibrazioni (usando un diapason a 128 Hz), propriocezione, monofilamento da 10 g, riflessi della caviglia
- Il riconoscimento clinico della DSPN è indispensabile per consentire una gestione tempestiva dei sintomi e ridurre la morbilità associata a questa condizione. (4)
- Le valutazioni dovrebbero seguire il tipico schema DSPN, iniziando distalmente su entrambi i lati e spostandosi prossimalmente fino a quando non viene identificata una soglia sensoriale. (1)
- La combinazione di almeno due esami aumenta la sensibilità e la specificità del rilevamento della DSPN. (1)
DSPN: polineuropatia simmetrica distale
CAN
- La diagnosi comprende la documentazione dei sintomi e dei segni della CAN, che includono una variabilità della frequenza cardiaca (HRV) alterata, una frequenza cardiaca a riposo elevata e la presenza di ipotensione ortostatica. (1)
- In un paziente sintomatico che presenta tachicardia a riposo, con una storia di scarso controllo del glucosio, o quando la diagnosi di CAN è probabile, ulteriori test aggiuntivi potrebbero non essere necessari. (1)
- I sintomi e i segni della CAN dovrebbero essere valutati nei pazienti con complicazioni microvascolari e neuropatiche. (1)
- In presenza di sintomi o segni di CAN, dovrebbe essere eseguiti test che escludono altre comorbidità o effetti/interazioni di farmaci che potrebbero simulare la CAN. (1)
- Una diagnosi tempestiva di CAN può avere importanti implicazioni cliniche, poiché la CAN è un fattore di rischio indipendente per la mortalità cardiovascolare, l'aritmia, l'ischemia silenziosa, qualsiasi evento cardiovascolare maggiore e la disfunzione miocardica. (1)
CAN: neuropatia autonomica cardiovascolare
Screening della DSPN
- Lo screening dei sintomi e dei segni della neuropatia diabetica è fondamentale nella pratica clinica, in quanto può rilevare le prime fasi della neuropatia, consentendo un intervento precoce. (1)
- Tutti i pazienti dovrebbero essere valutati per DSPN al momento della diagnosi di diabete di tipo 2 e 5 anni dopo la diagnosi del diabete di tipo 1 e successivamente almeno una volta l’anno. (1)
- Lo screening dovrebbe includere un'attenta anamnesi e la valutazione della sensibilità alla temperatura o alla puntura di spillo (funzione delle piccole fibre) e la percezione delle vibrazioni usando un diapason a 128 Hz (funzione delle grandi fibre). (1)
- Tutti i pazienti dovrebbero sottoporsi ad un test annuale del monofilamento da 10 g per valutare i piedi a rischio di ulcerazione e amputazione. (1)
- I test elettrofisiologici o il rinvio a un neurologo sono raramente necessari per lo screening. (1)
DSPN: polineuropatia simmetrica distale
Bibliografia
- Pop-Busui R et al. Diabetic neuropathy: a position statement by the American Diabetes Association. Diabetes Care. 2017; 40:136–154
- Organizzazione Mondiale della Sanità. Diabetes – Key facts. https://www.who.int/news-room/fact-sheets/detail/diabetes. Utimo accesso giugno 2021
- Dati sullo stato di salute (2019). http://dati.istat.it/. Ultimo accesso giugno 2021
- Iqbal Z et al. Diabetic peripheral neuropathy: epidemiology, diagnosis, and pharmacotherapy. Clinical Therapeutics. 2018; 40(6):828-849
NON-2022-9078
Influenza vs Raffreddore: come distinguerli nella pratica clinica
Influenza vs Raffreddore: come distinguerli nella pratica clinica
Nel mondo delle infezioni delle vie respiratorie, due disturbi ricorrenti occupano una posizione centrale: l'influenza e il raffreddore. Sebbene condividano il palcoscenico come infezioni comuni e stagionali, è noto che questi due "attori" possono occasionalmente confondere il medico e il paziente stesso. Questa confusione è alimentata dalla sorprendente somiglianza dei sintomi iniziali che entrambe queste malattie presentano. Nonostante il fatto che entrambe siano causate da virus e che abbiano molte caratteristiche in comune, è essenziale riconoscere che l'influenza e il raffreddore sono due entità distinte, ognuna con le sue caratteristiche distintive, come gli agenti patogeni che le causano, la gravità dei sintomi e le possibili complicanze.
Agenti patogeni
L'influenza è causata dai virus influenzali A e B, che infettano le vie aeree, tra cui il naso, la gola e i polmoni. Tuttavia, spesso, molte altre affezioni delle prime vie respiratorie, sia di natura batterica che virale, possono presentare sintomi molto simili a quelli dell'influenza. È importante notare che nello stesso periodo dell'anno in cui la circolazione dei virus influenzali è massima (in Italia, solitamente in inverno), possono contemporaneamente circolare molti altri virus, come gli adenovirus, i rhinovirus, il virus respiratorio sinciziale e i coronavirus. Questi virus possono provocare affezioni che, dal punto di vista clinico, sono del tutto indistinguibili dall'influenza.
Sintomi, gravità e durata
Nonostante esistano delle somiglianze tra questi due disturbi, un’attenta valutazione clinica può portare ad una diagnosi corretta. L'influenza in genere presenta un esordio sintomatologico improvviso caratterizzato da febbre elevata, brividi, dolori muscolari intensi, mal di testa e affaticamento. Altri sintomi comuni includono tosse, perdita di appetito e mal di gola. Possono poi verificarsi anche episodi di nausea, vomito e diarrea, questo soprattutto nei bambini. La maggior parte delle persone guarisce in una settimana o dieci giorni ma alcuni soggetti (anziani, bambini e pazienti fragili) sono a maggior rischio di complicanze o di un peggioramento della loro condizione di base.
Il raffreddore, al contrario, inizia gradualmente e presenta sintomi più lievi, come congestione nasale, mal di gola e tosse lieve. Se l'influenza di solito dura da una settimana a dieci giorni, i sintomi del raffreddore possono persistere per una o due settimane. La durata prolungata dei sintomi del raffreddore così come la differenza nell’esordio e nella gravità dei sintomi possono rappresentare degli elementi chiave per una diagnosi differenziale.
Complicanze
Le complicanze dell'influenza possono essere gravi e includere polmoniti batteriche, disidratazione, il peggioramento di malattie preesistenti (quali ad esempio il diabete, malattie immunitarie, cardiovascolari e respiratorie croniche), sinusiti e otiti (queste ultime soprattutto nei bambini). Sono più frequenti nei soggetti al di sopra dei 65 anni di età e con condizioni di rischio. Tuttavia, casi gravi di influenza si possono verificare anche in persone sane che non rientrano in alcune categorie a rischio. Al contrario, il raffreddore è generalmente una malattia con un decorso tranquillo che solo raramente può portare a complicazioni. Questa differenza nella gravità delle complicazioni sottolinea l'importanza di una diagnosi accurata dell'influenza per una gestione e un trattamento appropriati, soprattutto per i soggetti con fragilità.
Prevenzione e trattamento
Per prevenire l'influenza, le organizzazioni sanitarie raccomandano la vaccinazione annuale efficace nel ridurre la gravità della malattia e prevenire le complicazioni. Per il raffreddore, invece non esiste un vaccino specifico e la prevenzione si basa prevalentemente su alcune norme igieniche come il lavaggio frequente delle mani, l'evitare il contatto con persone malate e il coprirsi la bocca e il naso quando si starnutisce o tossisce. In termini di trattamento per l’influenza oltre all’uso di farmaci antipiretici è possibile utilizzare farmaci ad azione antinfiammatoria e antidolorifica. L’OMS ritiene che l’impiego degli antivirali debba essere limitato solo a casi selezionati (pazienti con patologia cronica di base associata a sospetta o confermata infezione da virus influenzale). Per quanto riguarda il raffreddore, il trattamento è principalmente sintomatico, anche qui con l’obiettivo di alleviare la sintomatologia.
In conclusione, distinguere tra l'influenza e il raffreddore è fondamentale nella pratica clinica. Questa conoscenza fornisce agli operatori sanitari e ai pazienti gli strumenti necessari per una diagnosi accurata, una gestione efficace e un trattamento appropriato. In un mondo in cui le infezioni delle vie respiratorie sono di primaria importanza, comprendere le sfumature di queste malattie può fare una differenza significativa per la salute pubblica e il benessere individuale.
La febbre negli anziani: un sintomo che merita una valutazione approfondita
La febbre negli anziani: un sintomo che merita una valutazione approfondita
La febbre è uno dei sintomi più comuni quando si tratta di problemi di salute. Tuttavia, nel caso dei pazienti anziani, può rivelarsi un segnale particolarmente complesso da interpretare. Questa fascia d'età, infatti, è spesso caratterizzata da condizioni mediche preesistenti che possono rendere la diagnosi e la gestione di questo sintomo un'impresa più delicata.
La complessità della diagnosi
La febbre nei pazienti anziani può derivare da una vasta gamma di potenziali cause. Identificarne la causa sottostante è quindi un aspetto fondamentale per una sua corretta gestione oltre al fatto che in alcuni casi può rappresentare un importante segnale di allarme di patologie gravi e/o non ancora diagnosticate.
Le infezioni sono spesso la prima cosa che viene in mente quando si parla di febbre nell’anziano, anche perché rispetto alla popolazione più giovane, questi pazienti non solo hanno una maggiore suscettibilità ad esse, ma presentano un rischio significativamente maggiore in termini di morbilità e mortalità a causa di molte infezioni comuni (es. urinarie e polmonari).
Anche problemi cardiovascolari, come la trombosi venosa profonda o alcune neoplasie, come il linfoma, possono provocare febbre. I processi infiammatori che causano la febbre sono una sfida particolare quando si tratta di pazienti anziani. Gli anziani possono sperimentare, infatti, una risposta infiammatoria esagerata o atipica, che può portare a un aumento della temperatura corporea. Questi stati infiammatori possono derivare da malattie autoimmuni, condizioni infiammatorie acute o croniche o reazioni a trattamenti farmacologici.
Da questo si evince come il sintomo febbre in questa specifica categoria di pazienti possa rappresentare per il professionista una problematica delicata in termini sia diagnostici che gestionali.
Linee guida per una gestione adeguata
La gestione della febbre negli anziani richiede quindi un approccio olistico, a 360°, che possa condurre il clinico all’individuazione della causa scatenante il sintomo.
Prima di tutto, l'elemento chiave è una valutazione completa del paziente. Questo significa non solo controllare l’andamento della temperatura corporea ma anche esaminare attentamente la storia clinica del paziente, che può rivelare informazioni preziose su eventuali condizioni mediche preesistenti in qualche modo correlate a questo sintomo. Un esame fisico approfondito è altrettanto importante. Osservare il paziente e ascoltarne i sintomi e le preoccupazioni è fondamentale per ottenere una visione completa della situazione.
Inoltre, il medico potrà decidere di prescrivere alcuni esami e indagini per accertarne (diagnosticarne) la causa. Essi includono ad esempio esami del sangue, delle urine, tamponi faringei, esami colturali (su campioni di urine e sangue) per la ricerca di eventuali infezioni batteriche o virali e esami strumentali ( es. Rx, ecografie o TC). Tutti questi strumenti permetteranno di escludere o confermare un sospetto diagnostico e gestire il paziente con un trattamento adeguato e personalizzato.
Quando un'infezione è identificata come causa della febbre, è essenziale avviare un trattamento antibiotico o antivirale appropriato nel minor tempo possibile.
La gestione dei farmaci è un altro aspetto critico per questa popolazione di pazienti. Se c'è il sospetto che la febbre sia correlata a una reazione avversa ai farmaci, ad esempio, il medico potrebbe valutare la sospensione del farmaco in questione e cercare eventualmente alternative più sicure.
Nel caso, invece, la febbre fosse scatenata da processi infiammatori, il professionista dopo un’ attenta valutazione clinica può considerare l'uso di terapie mirate atte a ridurre l'infiammazione e, di conseguenza, abbassare la temperatura corporea. Garantire poi il controllo di altri sintomi, come il dolore o il disagio associati alla febbre, è fondamentale per il benessere del paziente ma è altrettanto essenziale continuare a monitorare la risposta al trattamento nel tempo.
La gestione dei processi infiammatori nella popolazione anziana richiede quindi un approccio bilanciato, mirato e personalizzato per garantire il benessere complessivo del paziente.
Un altro aspetto importantissimo da non trascurare è la disidratazione, un rischio comune negli anziani con febbre. È fondamentale , quindi,assicurarsi che il paziente sia costantemente e adeguatamente idratato.
Indipendentemente dalla causa scatenante la febbre, dopo averla individuata e trattata, per una gestione ottimale è importante programmare un follow-up. Questo passaggio è essenziale per confermare non solo il processo di miglioramento, ma anche che la causa scatenante il sintomo febbre sia costantemente tenuta sotto controllo, se non addirittura risolta.
In conclusione, garantire la salute e il benessere degli anziani richiede un'attenzione speciale quando si tratta di febbre, poiché la gestione di questo sintomo è una sfida che richiede conoscenza e sensibilità verso le specifiche esigenze di questa popolazione.
Fonte:
https://www.issalute.it/index.php/la-salute-dalla-a-alla-z-menu/f/febbre#diagnosi
https://www.humanitas.it/news/malattie-infiammatorie-croniche-quali-sono-e-cosa-comportano/
Clin Infect Dis. 2000 Jul;31(1):148-51. doi: 10.1086/313896. Epub 2000 Jul 25. - Fever in the elderly
JAMA. 2014 Feb 26;311(8):844-54. doi: 10.1001/jama.2014.303. - Urinary tract infections in older women: a clinical review
Am J Med Sci . 2017 Jan;353(1):17-21. doi: 10.1016/j.amjms.2016.11.001. Epub 2016 Nov 3. - Urine Cultures in Hospitalized Geriatric Patients Presenting With Fever
J Pain Symptom Manage . 2020 Jun;59(6):1204-1211. doi: 10.1016/j.jpainsymman.2019.12.372. Epub 2019 Dec 27. -Symptom Clusters in Postchemotherapy Neutropenic Fever in Hematological Malignancy: Associations Among Sickness Behavior Symptom Cluster, Inflammatory Biomarkers of Procalcitonin and C-Reactive Protein, and Febrile Measures
Am Fam Physician. 2011 Dec 15;84(12):1365-75. -Diagnosis and management of Crohn's disease
NON-2023-11962
Mal di testa + febbre: Cause e Sollievo
Mal di testa e febbre, quando si presentano insieme, spesso sono indice di un’infezione influenzale. Questi due sintomi non sono però direttamente causati dal virus, ma si presentano a causa della risposta del sistema immunitario all’infezione, che causa infiammazione. Il sistema immunitario infatti, quando rileva il virus, rilascia alcune molecole di segnalazione, le citochine, che includono l'interleuchina-1 (IL-1), l'interleuchina-6 (IL-6) e il fattore di necrosi tumorale alfa (TNF-alfa). Proprio il rilascio di queste molecole, pur essendo una parte irrinunciabile del meccanismo di difesa del corpo, è alla base di sintomi come mal di testa e febbre. Le interleuchine, infatti, agiscono sull’ipotalamo, e causano l’innalzamento della temperatura corporea, che porta alla febbre.
L’effetto del rilascio di citochine e della risposta infiammatoria complessiva, però, non finisce qui, infatti possono essere interessati da questa catena di azioni anche i vasi sanguigni e il sistema nervoso. La dilatazione dei vasi e le alterazioni della permeabilità della barriera ematoencefalica, unite all'azione diretta delle citochine, possono portare quindi all’insorgenza di fastidiosi mal di testa. Un altro fattore responsabile del mal di testa che accompagna l’influenza è l’infiammazione presente nelle alte vie respiratorie, che può causare gonfiore e infiammazione dei seni nasali.
Quando il paziente lamenta mal di testa e febbre, è importante ricordargli di mantenersi idratato, perché la disidratazione, favorita dalla febbre, può rendere più fastidioso il dolore. Dal punto di vista farmacologico, è possibile consigliare alcuni farmaci da banco per ridurre la febbre e alleviare il mal di testa, per esempio quelli appartenenti alla classe degli antipiretici e analgesici oppure dei medicinali analgesico-antiinfiammatori non steroidei, che hanno anche una funzione antinfiammatoria. Se il mal di testa è accompagnato da sensibilità alla luce, il paziente dovrebbe stare in una stanza buia. Consumare caffeina in quantità moderata potrebbe alleviare il dolore, ma è necessario avvertire il paziente di non esagerare con l’assunzione, in quanto la caffeina può contribuire alla disidratazione, e quindi portare a un circolo vizioso. Alcune persone trovano sollievo dal mal di testa attraverso l'uso di alcuni oli essenziali, come la menta piperita o la lavanda, ma potrebbe esserci una certa sensibilità in alcune persone per gli odori forti. Se la tensione contribuisce al mal di testa, esercizi per collo e spalle possono aiutare ad allentare i muscoli. Inoltre, se si pensa alla sinusite come concausa, possono essere consigliati dei lavaggi nasali.
Fonti:
1. Cephalalgia. 2023 Nov;43(11):3331024231212900. doi: 10.1177/03331024231212900.
2. Gu Y, Zuo X, Zhang S, Ouyang Z, Jiang S, Wang F, Wang G. The Mechanism behind Influenza Virus Cytokine Storm. Viruses. 2021 Jul 14;13(7):1362. doi: 10.3390/v13071362. PMID: 34372568; PMCID: PMC8310017.
3. https://www.msdmanuals.com/professional/infectious-diseases/respiratory-viruses/influenza
4. https://www.niaid.nih.gov/diseases-conditions/influenza
5. https://www.idsociety.org/practice-guideline/influenza/
NON-2023-12342
Mal di gola + febbre: Sintomi, Cause e Trattamento
Mal di gola e febbre sono sintomi comuni a diverse patologie che interessano solo l’apparato respiratorio o sistemiche, ed è possibile distinguere la causa con l’anamnesi in base a diversi elementi.
Mal di gola e febbre possono avere un’origine batterica. Un esempio è l’infezione da streptococco, nella quale oltre a questi due sintomi, si presentano spesso mal di testa e macchie bianche piene di pus sulle tonsille. L’infezione si può facilmente diagnosticare attraverso un tampone faringeo, e il trattamento richiede l’uso di antibiotici, data la possibilità di conseguenze anche sistemiche dovute al batterio.
Anche le allergie possono causare un mal di gola persistente, insieme ad altri sintomi come congestione nasale, starnuti e prurito agli occhi, ma in questi casi raramente si presenta la febbre.
I virus stagionali sono la causa più frequente di mal di gola e febbre. Un raffreddore può causare mal di gola insieme a sintomi come naso che cola o naso chiuso, starnuti e lieve affaticamento. In questo caso di solito l’esordio della malattia è piuttosto graduale, e la situazione tende a risolversi entro una settimana.
L'influenza può portare con sé sintomi come mal di gola e febbre a causa dei suoi effetti sull’apparto respiratorio e sulla risposta immunitaria dell'organismo, e della conseguente infiammazione. Il virus dell'influenza penetra nelle cellule che rivestono il tratto respiratorio, in particolare nelle cellule epiteliali, e le danneggia, innestando un’azione infiammatoria. Il sistema immunitario, infatti, rilascia varie molecole di segnalazione, tra cui le citochine, in risposta all’infezione. L'infiammazione e il danno alle cellule della gola e del tratto respiratorio superiore sono quindi alla base del mal di gola che si presenta nell’influenza. Le stesse citochine, agendo sull'ipotalamo, indirettamente causano anche l’aumento della temperatura corporea interna, e quindi la febbre. Il mal di gola legato all’influenza spesso si presenta quindi insieme a febbre alta, ma anche a dolori muscolari, affaticamento, mal di testa, tosse e congestione, e questi sintomi, in genere, si manifestano all'improvviso.
Quando il paziente lamenta mal di gola insieme alla febbre, per gestire l’infiammazione e dare sollievo dal dolore è possibile indicare alcuni medicinali da banco, come quelli appartenenti alla classe dei medicinali analgesico-antiinfiammatori non steroidei. In particolare, per lenire il fastidio alla gola, si possono consigliare gargarismi con acqua salata, e pastiglie o spray per la gola, commercializzati come farmaci o dispositivi da banco, che contengono ingredienti lenitivi. Anche alcuni interventi ambientali, come umidificare l'aria, ed evitare sostanze irritanti, possono aiutare a fornire un temporaneo sollievo.
Fonti:
1. Gu Y, Zuo X, Zhang S, Ouyang Z, Jiang S, Wang F, Wang G. The Mechanism behind Influenza Virus Cytokine Storm. Viruses. 2021 Jul 14;13(7):1362. doi: 10.3390/v13071362. PMID: 34372568; PMCID: PMC8310017.
2. https://www.msdmanuals.com/professional/infectious-diseases/respiratory-viruses/influenza
3. https://www.niaid.nih.gov/diseases-conditions/influenza
4. https://www.idsociety.org/practice-guideline/influenza/
NON-2023-12341
Influenza e ricerca: a che punto siamo?
Per comprendere la patogenesi dei virus dell’influenza e la sua genomica, la risposta immunitaria dell’organismo all’infezione e l’epidemiologia del virus, e per creare contromisure adeguate, è necessaria una ricerca continua, basata sulle informazioni ottenute da una rete globale di sorveglianza.
La diversità antigenica e il costante afflusso di nuovi sottotipi di virus influenzali rendono importante la ricerca di terapie che utilizzino bersagli e strategie creative. Tra le novità maggiori dal punto di vista farmacologico è da ricordare la nuova generazione di inibitori della neuraminidasi (NA), insieme a numerosi cocktail di farmaci mirati a diverse funzioni virali e anticorpi monoclonali che si sono mostrati molto promettenti. Inoltre, dato che la tempesta di citochine svolge un ruolo significativo nel causare lesioni tissutali e mortalità, è importante concentrarsi sull’immunologia e sulla riduzione dell’infiammazione. Una nuova ricerca, a questo proposito, ha dimostrato che attenuare la risposta immunitaria dell’ospite utilizzando specifici agonisti immunomodulatori del recettore della sfingosina-1-fosfato può fornire una protezione sostanziale dalla mortalità. Le formulazioni antivirali sviluppate negli ultimi anni per il trattamento dell’influenza mostrano un’efficacia maggiore rispetto ai farmaci precedenti; tuttavia, quello che idealmente gli esperti cercano è una cura universale per l’influenza. Pare che qualcosa si muova in questo senso grazie ai piccoli RNA interferenti (small interfering RNA, siRNA), brevi molecole di RNA a doppio filamento che possono silenziare l'espressione dei geni. Questi possono essere prodotti sinteticamente per inibire l'espressione genetica endogena attraverso il meccanismo dell’interferenza dell'RNA (RNAi). L’approccio antivirale basato sull’uso di siRNA presenta numerosi vantaggi, dato che questi possono agire con valore sia preventivo che terapeutico, e possono essere progettati e sintetizzati in poche ore e applicati anche in combinazione in un regime multifarmaco per ridurre le probabilità di resistenza o per colpire più virus. È stato dimostrato, per esempio, che complessi di nanoparticelle contenenti chitosano e siRNA possono inibire efficacemente la replicazione del virus dell’influenza in condizioni in vitro e in vivo.
Per quanto riguarda i vaccini contro l'influenza, la maggior parte è ancora prodotta con la crescita dei ceppi vaccinali nelle uova di gallina embrionate. Il primo vaccino antinfluenzale ricombinante senza uova, prodotto da una linea cellulare di insetto, è stato approvato dalla Food and Drug Administration statunitense nel gennaio 2013. I vaccini cellulari sono prodotti in colture cellulari anziché in uova, il che li rende meno sensibili alla mutazione e più facili da progettare in condizioni normali. Come per i farmaci, anche per i vaccini la ricerca mira a trovare una soluzione universale, che abbia come target le regioni conservate del virus dell’influenza che hanno meno probabilità di mutare, per indurre un’immunità più ampia, reattiva e duratura.
Nel campo della ricerca sull’influenza, poi, viene utilizzato anche il sistema di editing genetico CRISPR-Cas, grazie al quale è stato recentemente sviluppato un test in grado di rilevare in modo rapido e sensibile i virus dell’influenza A e B.
Fonti:
1. http://www.cdc.gov/flu/professionals/index.htm
2. https://www.who.int/
3. http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4047948/
4. Baker, Jeffrey, et al. The Pediatric infectious disease journal 39.8 (2020): 700.
5. Jamali, Abbas, et al. Drug Delivery and Translational Research 8 (2018): 12-20.
6. Park, Bum Ju, et al. Biosensors 11.3 (2021): 88.
NON-2023-12334
La psicologia della febbre: impatto su aspettativa del paziente e sulla terapia
Quando il virus influenzale viene riconosciuto dalle cellule immunitarie, il rilascio delle citochine proinfiammatorie, come l'interleuchina-1 (IL-1) e l'interleuchina-6 (IL-6), che raggiungono l'ipotalamo, avvia una serie di eventi che causano l’aumento della temperatura corporea, che aiuta a potenziare l’attività delle cellule immunitarie e inibire la replicazione dei virus. La febbre è un sintomo comune dell’influenza, ma anche di altre patologie, e può influenzare le aspettative del paziente e il suo approccio alla terapia in diversi modi.
La febbre può infatti causare preoccupazione nel paziente, soprattutto perché la presenza di questo sintomo è spesso il primo segnale della risposta a un’infezione, e si presenta prima di altri segni influenzali più chiaramente identificabili, come il raffreddore e la tosse. In particolare, la febbre nei bambini mette spesso ansia e paura nei genitori, che quindi si rivolgono al medico con urgenza, per paura che i piccoli sviluppino convulsioni o danni di qualche tipo.
La febbre può contribuire a creare sensazioni di disagio, stanchezza e malessere, influenzando il benessere emotivo del paziente. Nel caso la temperatura sia persistente o particolarmente elevata spesso le persone sottopongono al medico preoccupazioni sull’efficacia del trattamento o sulla progressione della malattia. L’esperienza della febbre, può contribuire ad aumentare l’ansia e lo stress, e può anche portare a potenziali complicazioni, come la disidratazione. Per questo è necessario spiegare al paziente l’importanza di una nutrizione adeguata e di bere a sufficienza, e consigliare medicinali che riducano il sintomo in modo da gestire meglio la malattia, riposando e riprendendo le forze.
I pazienti possono però avere aspettative specifiche riguardo all'uso di farmaci o altri interventi per affrontare la febbre. Ci sono pazienti che non vedono l’ora che la febbre se ne vada, e richiedono al medico farmaci come quelli appartenenti alla classe dei medicinali analgesico-antiinfiammatori non steroidei in grado di eliminare la sintomatologia. Altre persone, invece, possono essere riluttanti ad assumere farmaci, poiché pensano che lasciare che la febbre faccia il suo corso sia benefico per il recupero. In questo caso, è importante che gli operatori sanitari spieghino chiaramente ai pazienti i potenziali benefici della riduzione della febbre in termini di sollievo dei sintomi e comfort generale, ma anche l’importanza di non trascurare la propria cura solo perché la febbre si è abbassata per l’effetto farmacologico.
Non bisogna dimenticare che le esperienze passate con malattia e febbre, così come le influenze culturali e familiari, possono modellare le aspettative e le strategie di coping degli individui. L’educazione del paziente sullo scopo della febbre e sulla sua gestione adeguata può contribuire a un’esperienza più positiva durante il corso della malattia. Una comunicazione aperta ed empatica è fondamentale, e può aiutare ad affrontare le preoccupazioni dei pazienti, a fornire aspettative realistiche e a promuovere l’adesione ai piani di trattamento raccomandati.
Fonti:
1. Eskerud JR Pharm World Sci. 1993 Aug 20;15(4):161-4
2. Purssel E et al. Eur J Pediatr 2023 Feb;182(2):651-659.
3. Merlo F et al. Eur J Pediatr. 2023 Feb;182(2):651-659.
4. Gu Y, Zuo X, Zhang S, Ouyang Z, Jiang S, Wang F, Wang G. The Mechanism behind Influenza Virus Cytokine Storm. Viruses. 2021 Jul 14;13(7):1362. doi: 10.3390/v13071362. PMID: 34372568; PMCID: PMC8310017.
5. https://www.msdmanuals.com/professional/infectious-diseases/respiratory-viruses/influenza
6. https://www.niaid.nih.gov/diseases-conditions/influenza
7. https://www.idsociety.org/practice-guideline/influenza/
NON-2023-12339
L’effetto dell’infiammazione nella febbre e nei sintomi influenzali
L’influenza si presenta con una serie di sintomi improvvisi e vari, molti dei quali non sono causati direttamente dall’azione virale. Quando il corpo viene infettato dal virus influenzale, le cellule immunitarie riconoscono la presenza dell'agente patogeno, e rilasciano le citochine. Le citochine proinfiammatorie, come l'interleuchina-1 (IL-1) e l'interleuchina-6 (IL-6), che svolgono un ruolo chiave nella risposta immunitaria, raggiungono l'ipotalamo, che, in risposta a tale azione, avvia una serie di eventi mirati ad aumentare la temperatura corporea, in modo da potenziare l’attività delle cellule immunitarie e inibire la replicazione dei virus, creando così un ambiente meno favorevole alla crescita e alla riproduzione dell'agente infettivo. La febbre, quindi, è un sintomo dovuto alla risposta del corpo all'infezione e all’infiammazione conseguente, non un effetto diretto del virus influenzale.
L’infiammazione, oltre alla febbre, può causare altri sintomi sistemici che normalmente si presentano nell’influenza, come dolori muscolari, affaticamento, brividi, mal di testa. Quando è necessario gestire l’infiammazione che si presenta con la febbre, è importante supportare la risposta immunitaria del corpo, e agire sui sintomi. Dal punto di vista farmacologico, alcuni farmaci da banco, come i quelli appartenenti alla classe dei medicinali analgesico-antiinfiammatori non steroidei, sono utili perché, oltre a ridurre la febbre e ad alleviare i dolori, hanno un’azione diretta contro l’infiammazione, e permettono al paziente di sopportare meglio la malattia.
Possono essere utili al paziente anche alcuni consigli di tipo pratico, come riposare molto, e dormire adeguatamente, in modo da aiutare il sistema immunitario a funzionare in modo ottimale. È importante ricordare di bere molto, per restare idratati, soprattutto quando la febbre è alta, ed è possibile suggerire l’applicazione di impacchi freddi sulle aree del corpo in cui si avverte dolore o gonfiore, utilizzando un panno o un asciugamano come barriera, per fornire sollievo. Non bisogna dimenticare che anche il cibo può essere un alleato. Il paziente potrebbe infatti includere nella dieta alimenti con proprietà antinfiammatorie, come frutta, verdura, cereali integrali e alimenti ricchi di acidi grassi omega-3.
L'infiammazione e la febbre sono processi strettamente interconnessi, che fanno parte della risposta naturale del corpo alle infezioni in generale; questo avviene anche per l'influenza. Fondamentale quindi è cercare di ridurre l’infiammazione, in questo modo anche la febbre e gli altri sintomi diventeranno più lievi.
Fonti:
1.Gu Y, Zuo X, Zhang S, Ouyang Z, Jiang S, Wang F, Wang G. The Mechanism behind Influenza Virus Cytokine Storm. Viruses. 2021 Jul 14;13(7):1362. doi: 10.3390/v13071362. PMID: 34372568; PMCID: PMC8310017.
2. https://www.msdmanuals.com/professional/infectious-diseases/respiratory-viruses/influenza
3. https://www.niaid.nih.gov/diseases-conditions/influenza
4. https://www.idsociety.org/practice-guideline/influenza/
NON-2023-12340
Influenza stagionale vs. pandemica: differenze nella gestione e nella risposta medica
La capacità dell’influenza A di mutare e di spostarsi tra le specie, e il potenziale dei ceppi aviari, suini e umani di ricombinarsi, conferiscono all’influenza A una straordinaria capacità di sfruttare nuove nicchie ecologiche. I virus dell’influenza A pandemica differiscono dai virus dell’influenza A stagionale in termini di composizione dei principali antigeni di superficie; questi virus nascono come risultato di uno shift antigenico, ovvero dell'espressione di nuove proteine HA e NA. Al contrario, i virus dell’influenza A stagionale, ormai consolidati, subiscono un processo di drift antigenico regolare, per cui gli antigeni principali non cambiano bruscamente, ma alcune variazioni genetiche virali cumulative determinano differenze antigeniche sufficienti a facilitarne la fuga dalle risposte immunitarie esistenti, acquisite da precedenti infezioni o immunizzazioni.
La pandemia influenzale (pH1N1) del 2009 ha provocato una malattia in generale piuttosto lieve, ma ha causato comunque circa 250.000-500.000 decessi aggiuntivi durante i primi 12 mesi di circolazione globale. Mentre l’influenza stagionale provoca malattie gravi soprattutto negli anziani e nelle persone con comorbilità, pH1N1 ha colpito soprattutto neonati e adulti più giovani, donne incinte e individui obesi. L’impatto globale dell’influenza stagionale è difficile da stimare perché molti casi non vengono identificati, ma si pensa che contribuisca al 30% del carico totale di malattie infettive in Europa, più di qualsiasi altra singola infezione.
Per gestire l’influenza stagionale, si ricorre prima di tutto al vaccino, che permette di proteggere le persone più a rischio. Una parte della popolazione, peraltro, è comunque già protetta da un certo numero di ceppi del virus grazie alle infezioni degli anni precedenti. In questo modo, il controllo sull’andamento della malattia è più semplice, e difficilmente il sistema sanitario, il cui personale è a sua volta coperto dal vaccino, andrà incontro a problemi di assenze di massa.
Le pandemie influenzali, siano esse lievi, moderate o gravi, colpiscono invece un’ampia percentuale della popolazione, e richiedono una risposta multisettoriale nell’arco di diversi mesi o addirittura anni. Per questo motivo, i paesi sviluppano piani che descrivono le loro strategie di risposta a una pandemia a livello nazionale e subnazionale. Il potenziale numero di malati in questo caso può mettere i servizi sanitari sotto stress, e anche i medici di base possono essere messi a dura prova anche da persone in ansia e in cerca di rassicurazione. La situazione può essere ulteriormente peggiorata dal fatto che molti sanitari saranno assenti per malattia. Difficilmente in caso di influenza pandemica sarebbe disponibile un vaccino, almeno in un primo periodo. Dal punto di vista della terapia, la principale classe di farmaci che entra in gioco sono gli inibitori della neuraminidasi, e per questo alcuni paesi dispongono di scorte di tali medicinali. Questi farmaci sono stati generalmente utili durante la pandemia del 2009, soprattutto se somministrati nelle fasi iniziali della malattia, in particolare per i soggetti a maggior rischio di sviluppare complicanze e nel periodo compreso tra l’inizio della pandemia e la disponibilità di nuovi vaccini specifici, dato che l’influenza pandemica grave sembra in parte derivare da una reazione eccessiva dell’ospite all’infezione, ma anche da un’elevata carica virale.
Fonti:
1. Mucosal Immunology, Volume 13, Issue 4, 566 – 573, DOI: https://doi.org/10.1038/s41385-020-0287-5
2. Dtsch Arztebl Int. 2016 Nov 25;113(47):799-807. doi: 10.3238/arztebl.2016.0799.
3. https://www.ecdc.europa.eu/en/pandemic-influenza
NON-2023-12335
Influenza e malattie cardiache: collegamenti e misure preventive
Le malattie cardiache sono tra le comorbilità più comuni nei pazienti affetti da influenza, soprattutto se ricoverati in ospedale, e spesso sono associate a un decorso più grave della malattia. Oltre che a un elevato rischio di mortalità cardiovascolare, l’influenza è stata collegata a complicazioni sia ischemiche che miocardiche, tra cui infarto, ictus, riacutizzazione di insufficienza cardiaca, danno miocardico e, in casi di minore gravità, cardiomiopatia da stress, miocardite e pericardite.
I meccanismi che collegano l’influenza e le malattie cardiache non sono ancora completamente chiariti ma sicuramente sono relativi sia a fattori specifici del virus che alla risposta infiammatoria sistemica all’infezione. Il virus influenzale, entrato nelle cellule epiteliali degli alveoli polmonari, dà il via a una serie di segnali che portano a risposte immunitarie sia cellulari che umorali, tra cui il rilascio di citochine. Oltre a provocare una risposta infiammatoria sistemica, è stato però dimostrato che l’influenza ha anche effetti infiammatori diretti sulle arterie e sulle placche aterosclerotiche, che portano all’accumulo e all’instabilità delle placche stesse, con la possibilità di provocare infarti miocardici o comunque problematiche cardiache. Il virus dell’influenza ha un effetto sulle cellule muscolari lisce presenti all’interno della parete arteriosa, facendole trasferire nel sub-endotelio e causando di nuovo l’aumento dell’espressione delle citochine proinfiammatorie. Questa sovraregolazione locale delle vie proinfiammatorie e il concomitante reclutamento di macrofagi possono accelerare l'accumulo di placche aterosclerotiche e indebolirne il cappuccio fibroso, portando infine alla rottura della placca stessa.
L’influenza, come altre infezioni, crea un ambiente trombogenico mediante l'induzione dell'attività procoagulante e dei recettori piastrinici, con conseguente riduzione del tempo di coagulazione e aumento dell'aggregazione piastrinica, facendo crescere quindi il rischio di eventi tromboembolici. La malattia è anche accompagnata da uno stato adrenergico, che induce variazioni nel tono vascolare esercitando stress biomeccanico sulle placche coronariche esistenti, e aumentando il rischio di infarto. Non bisogna dimenticare poi che durante l'infezione la richiesta metabolica è elevata, e, in alcuni casi, se la gittata cardiaca non può essere sufficientemente aumentata, può presentarsi ipotensione che, in combinazione con una potenziale ipossia, può portare a un infarto miocardico.
Il modo migliore di proteggere i pazienti da questi problemi, soprattutto per quelli che soffrono di patologie cardiovascolari, è quello di consigliare di sottoporsi alla vaccinazione antinfluenzale annuale, oltre a ricordare le corrette pratiche igieniche volte a ridurre il rischio di contrarre la malattia. Inoltre, nei pazienti colpiti dall’influenza, è possibile raccomandare alcuni farmaci, come i medicinali analgesico-antiinfiammatori non steroidei, che sono in grado di ridurre il carico infiammatorio.
Fonti:
1.Kristoffer Grundtvig Skaarup, Daniel Modin, Lene Nielsen, Jens Ulrik Stæhr Jensen, Tor Biering-Sørensen, Influenza and cardiovascular disease pathophysiology: strings attached, European Heart Journal Supplements, Volume 25, Issue Supplement_A, February 2023, Pages A5–A11
2. Burden of influenza in adults with cardiac arrest admissions in Australia, International Journal of Cardiology, ISSN: 0167-5273, Vol: 361, Page: 109-115
NON-2023-11965
Influenza e gravidanza: consigli per la prevenzione e la gestione
Ogni individuo sperimenta più volte nella propria vita l'influenza, indipendentemente da età e stile di vita ma, al contrario di quanto spesso si possa pensare, si tratta di un’infezione non sempre “banale”, dal momento che può dar luogo a complicanze nei soggetti più fragili, come bambini con patologie croniche, anziani e donne in gravidanza.
I rischi
Le donne in gravidanza con influenza hanno maggiori probabilità di malattie gravi e morte rispetto alla popolazione generale. Durante la gravidanza, infatti le donne diventano più suscettibili alle infezioni virali e batteriche, questo per una serie di modifiche a livello ormonale e immunitario. L'influenza, in questo contesto, emerge come un potenziale catalizzatore di complicanze come ad esempio quelle cardiopolmonari, aumentando il rischio di ospedalizzazione. Altre complicanze includono: parto prematuro, basso peso alla nascita e, in alcuni casi, aborto o decesso neonatale. Anche i neonati poi, nei primi 6 mesi di vita, sono particolarmente vulnerabili alle complicanze legate all’influenza e questo non fa altro che accentuare ulteriormente la necessità di prendere le dovute precauzioni in questo delicato periodo.
La prevenzione
La parola d'ordine è quindi prevenzione e la vaccinazione antinfluenzale si erge come un vero e proprio alleato in gravidanza. Il Ministero della Salute fornisce annualmente indicazioni per la prevenzione e il controllo dell'influenza stagionale, comprese le linee guida sulla vaccinazione gratuita per specifiche categorie di persone comprese le donne in gravidanza.
La vaccinazione è quindi fortemente raccomandata in questo delicato periodo di vita di una donna, in quando non solo riduce il rischio di contrarre e sviluppare l'infezione da parte della madre ma protegge anche il neonato attraverso il passaggio transplacentare di anticorpi. È bene sapere che il vaccino antinfluenzale con virus inattivati, può essere somministrato in qualsiasi trimestre senza effetti avversi per il feto e che tale vaccinazione è un'importante misura preventiva anche nei primi mesi di vita del bambino. Infatti vaccinare nel post-partum non solo protegge la neomamma, ma attraverso l'allattamento, permette il trasferimento degli anticorpi al neonato, creando un ulteriore scudo.
Influenza in gravidanza: cosa fare
I sintomi dell'influenza durante la gravidanza sono simili, manifestandosi attraverso febbre, dolori articolari, mal di testa, congestione nasale e tosse. È importante non sottovalutare la sintomatologia, monitorare la paziente e l’eventuale comparsa di altre manifestazioni cliniche. È bene comunque sapere che la temperatura corporea durante la gravidanza è leggermente più elevata ma se la febbre persiste o fosse elevata, potrebbe essere necessaria l'attenzione da parte dello specialista.
Una corretta alimentazione, potrebbe aiutare a prevenire le complicanze legate all'influenza oltre ad un’adeguata assunzione di liquidi per evitare il rischio di disidratazione. Consumare pasti piccoli e frequenti è poi consigliato poiché può aiutare nei casi in cui l’appetito tende a ridursi.
In conclusione, la gestione dell'influenza in gravidanza richiede consapevolezza, prevenzione e, quando necessario, un tempestivo intervento medico. La vaccinazione rimane comunque un pilastro fondamentale per la salute materna e neonatale, contribuendo a mitigare i rischi associati a questa infezione stagionale.
Fonti:
1. https://www.salute.gov.it/portale/influenza/dettaglioFaqInfluenza.jsp?lingua=italiano&id=103
2. https://www.salute.gov.it/portale/influenza/dettaglioContenutiInfluenza.jsp?id=685&area=influenza&menu=vuoto
3. https://www.aifa.gov.it/-/gravidanza-e-suscettibilita-alle-infezioni-influenza-malaria-e-varicella
4. L’influenza e le sue complicanze in gravidanza e nel neonato - aogoi.it
5. Eur J Obstet Gynecol Reprod Biol 2021 Mar:258:235-239. doi: 10.1016/j.ejogrb.2021.01.005. Epub 2021 Jan 6. - Seasonal influenza during pregnancy
6. Vaccinazione Antinfluenzale in gravidanza - Ospedale Pediatrico Bambino Gesù (ospedalebambinogesu.it)
NON-2023-12337
Influenza e gestione delle complicanze polmonari: strategie per i medici
Tra le principali complicanze polmonari dell’influenza ci sono la polmonite virale primaria, la polmonite virale e batterica combinata, e la polmonite batterica secondaria. La polmonite virale primaria, causata dall'infezione diretta del parenchima polmonare da parte del virus dell'influenza, è la meno comune tra queste complicanze, e ha un tasso di mortalità del 10-20%. L'esordio è spesso brusco e drammatico, con una progressione entro 24 ore in una polmonite grave con insufficienza respiratoria e shock. I casi non fatali guariscono entro 15 giorni dopo l'esordio della polmonite, ma è frequente il danno polmonare residuo. La polmonite combinata virale-batterica è almeno tre volte più comune della polmonite virale, ma è da quest’ultima non distinguibile clinicamente, e presenta una mortalità di circa il 10%. Per una diagnosi certa, è necessario l'isolamento dei batteri patogeni. La polmonite batterica secondaria, con un tasso di mortalità di circa il 7%, può essere più facile da differenziare dalla polmonite virale-batterica combinata, poiché i pazienti tipicamente vedono migliorare come previsto i sintomi dell’influenza, e poi peggiorano con sintomi o segni tipici della polmonite batterica, come brividi, rigidità, aumento della tosse produttiva, dolore toracico pleuritico e dispnea. I batteri frequentemente isolati da pazienti con polmonite da infezione influenzale includevano Staphylococcus aureus, Streptococcus pneumoniae, Streptococcus pyogenes e Moraxella catarrhalis.
Le strategie di trattamento per la polmonite causata dall’influenza sono diverse a seconda dell’eziologia e della gravità della malattia, nonché delle comorbilità, e possono comprendere farmaci antivirali, antibiotici, cure di supporto e, nei casi più gravi, il ricovero ospedaliero. Per quanto riguarda la polmonite virale, vengono utilizzati farmaci antivirali, come gli inibitori della neuraminidasi. In caso di infezione o coinfezione batterica, possono essere prescritti antibiotici. La terapia di supporto comprende farmaci che possano combattere l’infiammazione, e quindi la febbre e l’eventuale dolore, come i medicinali analgesico-antiinfiammatori non steroidei, o abbassare la febbre e controllare il dolore, come i medicinali appartenenti alla classe degli antipiretici e analgesici. Un'adeguata assunzione di liquidi è fondamentale per prevenire la disidratazione, soprattutto se il paziente ha la febbre o soffre di difficoltà respiratoria. Nei casi in cui la polmonite porti a difficoltà respiratorie o bassi livelli di ossigeno, può essere somministrato ossigeno supplementare. Se la polmonite è grave o se il paziente è ad alto rischio di complicanze, in particolar modo se si tratta di bambini piccoli, anziani o soggetti con patologie preesistenti, può essere necessario il ricovero in ospedale, e in alcuni casi in un'unità di terapia intensiva (UTI), dove può essere utilizzata la ventilazione meccanica.
Nelle categorie più a rischio è necessario che i medici sottolineino l’importanza della vaccinazione antinfluenzale annuale, che è una misura preventiva fondamentale per ridurre la gravità della malattia e il rischio di complicanze.
Fonti:
1. Cavallazzi R, Ramirez JA. Clin Chest Med. 2018 Dec;39(4):703-721.
2. Choi WS, et al. Korean J Intern Med. 2014 Jan;29(1):132-47.
3. https://www.cdc.gov/flu/professionals/
4. https://emedicine.medscape.com/article/300455-treatment?form=fpf#d9
5. Metersky ML, et al. Int J Infect Dis. 2012. PMID: 22387143 Review.
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Febbre e influenza: immunologia in infezione e guarigione
L'immunologia svolge un ruolo fondamentale nella risposta dell'organismo alle infezioni e nella guarigione, e questo succede anche nel caso dell’influenza. Il sistema immunitario riconosce la presenza del virus dell'influenza attraverso vari meccanismi. Un attore chiave è il sistema immunitario innato, che comprende barriere fisiche come la pelle, nonché cellule come i macrofagi e le cellule dendritiche che possono riconoscere e fagocitare gli agenti patogeni. La risposta immunitaria adattativa è più specifica, e coinvolge le cellule T e le cellule B. Questo processo richiede del tempo per svilupparsi, motivo per cui la risposta immunitaria innata è fondamentale per la difesa precoce. La risposta immunitaria comporta il rilascio di citochine, e nel caso dell'influenza in particolare, una risposta immunitaria forte può portare quindi a una infiammazione importante.
La febbre è uno dei sintomi di questa risposta infiammatoria, e funge da meccanismo per migliorare la risposta immunitaria, creando un ambiente meno favorevole alla replicazione virale, e potenziando l’attività delle cellule immunitarie e aumentando la velocità di alcune reazioni immunitarie. Man mano che si sviluppa la risposta immunitaria adattativa, anticorpi specifici e cellule immunitarie prendono di mira ed eliminano il virus dell'influenza. Una volta eliminato il virus, il sistema immunitario conserva memoria dell’incontro, fornendo una risposta più rapida ed efficace in caso di nuova infezione.
L’equilibrio e la coordinazione dei vari componenti del sistema immunitario sono fondamentali per una risposta efficace e la risoluzione dell’infezione. In alcuni casi, una risposta immunitaria iperattiva o disregolata può contribuire alla gravità dei sintomi dell’influenza, soprattutto nelle popolazioni vulnerabili. Dato che i sintomi più fastidiosi per i pazienti sono causati dall’infiammazione conseguente all’attivazione del sistema immunitario, l’utilizzo di farmaci in grado di ridurre questo problema, come i medicinali analgesico-antiinfiammatori non steroidei, può offrire sollievo. Il ruolo dell’immunologia è importante anche quando di parla della vaccinazione, che stimola il sistema immunitario a riconoscere e predisporre una difesa contro ceppi specifici del virus, e che può quindi evitare di sviluppare i fastidiosi sintomi dell’influenza.
Fonti:
1.Gu Y, Zuo X, Zhang S, Ouyang Z, Jiang S, Wang F, Wang G. The Mechanism behind Influenza Virus Cytokine Storm. Viruses. 2021 Jul 14;13(7):1362. doi: 10.3390/v13071362. PMID: 34372568; PMCID: PMC8310017.
2. https://www.msdmanuals.com/professional/infectious-diseases/respiratory-viruses/influenza
3. https://www.niaid.nih.gov/diseases-conditions/influenza
4. https://www.idsociety.org/practice-guideline/influenza/
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Influenza e diagnosi precoce: test e tecniche diagnostiche innovative
Il gold standard per confermare l'infezione da virus influenzale è la reazione a catena della polimerasi con trascrizione inversa (RT-PCR) o la coltura virale delle secrezioni nasofaringee o della gola. Per RT-PCR la sensibilità all'influenza è superiore al 90%, e, anche se questo esame normalmente richiede un paio di giorni per fornire i risultati, la Food and Drug Administration (FDA) statunitense ha recentemente approvato un test sviluppato dai Centers for Disease Control and Prevention (CDC) in grado di fornire risultati entro quattro ore, che è in grado di identificare e distinguere i virus dell'influenza A e B, e classificare i virus dell'influenza A per sottotipo. La coltura può invece richiedere un tempo variabile da tre a sette giorni. In questo caso, campioni rinofaringei vengono ottenuti con tamponi e inviati in terreni di trasporto virali appropriati al laboratorio per essere coltivati in diverse linee di cellule.
A volte, però, non si ha a disposizione tutto questo tempo per agire, e quindi servono risultati in maniera più veloce. Sono disponibili dei test diagnostici rapidi per l’influenza, che stanno diventando sempre più utilizzati, anche se, a fronte di una elevata specificità, presentano una sensibilità moderata. I test diagnostici rapidi rilevano direttamente antigeni o enzimi associati ai virus dell’influenza A o B in tamponi faringei, tamponi nasali o lavaggi nasali, e possono produrre risultati entro 30 minuti. L'accuratezza di questi test dipende in parte dalla tecnica di raccolta e dall'abilità della persona che esegue il test, e la sensibilità è spesso maggiore nei bambini. I cambiamenti genetici e antigenici che si verificano nel virus possono influenzare negativamente le prestazioni del test diagnostico; pertanto, è necessario un monitoraggio costante.
Alcuni laboratori offrono test di immunofluorescenza diretta su campioni freschi ma questi test sono meno sensibili dei metodi di coltura; esistono anche diversi test sierologici, con una sensibilità variabile dal 60 al 70%. I risultati degli esami di laboratorio standard, come l’emocromo completo e i livelli di elettroliti, non sono specifici, ma possono essere utili per la diagnosi differenziale in assenza di test più specifici.
Fonti:
1. https://emedicine.medscape.com/article/219557-workup#c8
2. https://www.cdc.gov/flu/professionals/diagnosis/rapidlab.htm#:~:text=Rapid%20influenza%20diagnostic%20tests%20(RIDTs)%20detect%20influenza%20viral%20antigens%20in,subtypes%20of%20influenza%20A%20viruses.
3. https://www.cdc.gov/flu/professionals/diagnosis/table-testing-methods.htm
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Dolori influenzali + febbre: Sconfiggere il Male Influenzale
Oltre ai sintomi respiratori come tosse, mal di gola e congestione nasale, l’influenza è spesso associata a sintomi sistemici, tra cui dolore e febbre. Questi derivano non da un’azione diretta del virus, ma della risposta del sistema immunitario all’infezione, che causa infiammazione. La presenza dell’agente patogeno, infatti, favorisce il rilascio di citochine, tra cui l'interleuchina-1 (IL-1), l'interleuchina-6 (IL-6) e il fattore di necrosi tumorale alfa (TNF-alfa). Le interleuchine, agendo sull’ipotalamo, causano l’innalzamento della temperatura corporea, e quindi la febbre. Inoltre, le citochine causano infiammazione nelle articolazioni e nei muscoli, portando dolori diffusi, e agiscono anche sui vasi sanguigni e sul sistema nervoso, provocando mal di testa.
Le persone con influenza spesso si lamentano quindi di dolori significativi in tutto il corpo, che possono essere percepiti come muscolari o articolari, e comportare una sensazione generale di disagio e malessere. Può aiutare l’applicazione di impacchi freddi sulle aree del corpo in cui si avverte dolore o gonfiore, interponendo un panno o un asciugamano. Molte persone riferiscono mal di testa, spesso concentrato nell'area frontale, che può essere di gravità variabile ed essere accompagnato o meno da sensibilità alla luce e al suono. In queste situazioni, è importante ricordare al paziente di bere molto, in quanto la disidratazione, favorita anche dalla febbre, può rendere ancora più fastidioso il dolore. Il paziente potrebbe anche seguire una dieta ricca di alimenti con proprietà antinfiammatorie, come frutta, verdura, cereali integrali e alimenti ricchi di acidi grassi omega-3.
Spesso però questi accorgimenti non sono sufficienti, ed è fondamentale cercare di ridurre l’infiammazione, in modo da far diminuire l’onere dei sintomi. A questo scopo è possibile consigliare alcuni farmaci da banco, come quelli appartenenti alla classe dei medicinali analgesico-antiinfiammatori non steroidei, che, oltre a ridurre la febbre e ad alleviare i dolori, agiscono direttamente contro l’infiammazione.
Fonti:
1. Gu Y, Zuo X, Zhang S, Ouyang Z, Jiang S, Wang F, Wang G. The Mechanism behind Influenza Virus Cytokine Storm. Viruses. 2021 Jul 14;13(7):1362. doi: 10.3390/v13071362. PMID: 34372568; PMCID: PMC8310017.
2. https://www.msdmanuals.com/professional/infectious-diseases/respiratory-viruses/influenza
3. https://www.niaid.nih.gov/diseases-conditions/influenza
4. https://www.idsociety.org/practice-guideline/influenza/
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